mercoledì 6 maggio 2009

Pecora Nera numero 9

Ecco a voi il numero 9 di pecora nera.
Di seguito l'editoriale:


Guardare al passato per cambiare il futuro

"Senza memoria non c'è futuro": questo breve slogan riassume perfettamente l'orientamento da tenere di fronte ai due anniversari che si susseguono in questo periodo, vale a dire il 25 aprile (festa della Liberazione dal nazi-fascismo) e il 1° maggio (festa dei Lavoratori). Date che troppo spesso e sempre più rischiano di diventare specchietti per le allodole ad uso e consumo delle istituzioni dello Stato, con sfarzose celebrazioni che ricadono inevitabilmente nella routine delle medaglie d'oro al Valor Civile, dell'invocazione dell'unità nazionale, della retorica populista ed ipocrita. Una cosa invece va detta chiaramente e cioè che queste due date non sono di tutti, come vorrebbero farci credere: sono anzitutto dei lavoratori e delle masse popolari... Erano proletari e rivoluzionari quelle migliaia di partigiani che volevano sconfiggere il fascismo non per restaurare una presunta democrazia (che ha successivamente mostrato e continua a mostrare il suo vero volto di classe) ma per costruire una società diversa in cui sarebbe stato abolito lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e il primato dei profitti su tutto e su tutti. Erano proletari quegli operai che il Primo Maggio del 1886 a Chicago iniziarono uno sciopero per rivendicare le otto ore di lavoro e che per tutta risposta vennero attaccati dalla polizia (sempre pronta oggi e ieri a difendere gli interessi dei capitalisti): fu da allora che quella data venne scelta per celebrare la Giornata Internazionale dei Lavoratori. Anche quest anno, dicevamo all'inizio, saranno celebrate in Italia le date del 25 aprile e del 1° maggio. E saranno celebrate parallelamente ad una delle crisi più dure che l'economia capitalista ricordi, con migliaia di lavoratori in lotta e migliaia di disoccupati che lavoratori non lo sono più ma che promettono anch'essi battaglia, con migliaia di lavoratori precari sempre più precari e sempre meno lavoratori: è in questo sfondo sociale che si deve cercare la ragion d'essere delle due date. Tra ignobili tentativi di riscrivere la storia (equiparando le bande di Salò ai partigiani e tirando fuori dal cilindro la presunta tragedia delle foibe) e dichiarazioni di "speranza" e di augurio a quei lavoratori che hanno perso il posto (evitando come sempre di parlare delle responsabilità e dando la colpa al cieco destino) i vari capi di Stato, capi di Governo, ministri in auto blu, ecclesiastici, parlamentari all'opposizione svuotano come al solito queste ricorrenze dei reali significati e li riempiono con i loro, certamente più moderati e politically correct. Essi conducono questa operazione non per caso, bensì perché hanno paura di quei significati, hanno paura dell'enorme potenziale che si nasconde dietro alla memoria: è solo dalle lezioni del passato, infatti, che si può imparare per agire nel presente e cambiare il futuro. E' questo, essenzialmente, il compito che spetta a chi vuol far si che le cose cambino. Contro chi inventa una sua verità e contro chi trasforma 25 aprile e 1° maggio in qualcosa di inoffensivo e puramente celebrativo, rilanciare in queste due importanti giornate la lotta di classe che infiamma il pianeta è la sola ed unica via di risposta e di riscatto.


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