sabato 30 maggio 2009

La tragedia della Saras. Lacrime di coccodrillo & rabbia operaia.

Dal blog http://the-stobados.noblogs.org/

Luigi, Daniele e Bruno sono morti ieri in una delle più grandi raffinerie d'Europa: la Saras del gruppo Moratti. Dovevano compiere una semplice operazione di routine, la pulizia di un serbatoio. Sono morti in sequenza per cercare di aiutare chi era rimasto vittima dentro quella trappola; l'ultimo ad entrare e' stato Daniele con una maschera anti-gas, precauzione inutile, "qualcosa" è andato storto ed anche lui ci ha rimesso la pelle. Ancora morti sul lavoro, ancora vittime del risparmio aziendale, attento ai guadagni e non alle perdite...

Niente di nuovo alla Saras
I 3 lavoratori di Villa San Pietro erano dipendenti di una ditta esterna. Le ditte esterne fanno risparmiare all'azienda almeno il 30 % ed il lavoro viene comunque svolto nei tempi richiesti. Parafrasando le parole di un operaio intervistato nel documentario "Oil", le gare d'appalto si svolgono su costi bassi e per rientrare nei tempi, con il minimo indispensabile di personale, i turni di lavoro diventano massacranti e la sicurezza và di conseguenza a farsi benedire. Risultato? Incidenti sul lavoro, proprio come quello che ieri è costato la vita a 3 lavoratori.

•"Oil", il documentario censurato sulla Saras
Le lacrime di coccodrillo
I Moratti stanno "vicino alle famiglie delle vittime" titolano i giornali. Lacrime da coccodrillo, come molte altre, la loro attenzione era concentrata nel tentativo di bloccare la proiezione del documentario suddetto per non ledere l'immagine del gruppo... Torniamo ad assistere all'ennesimo teatrino del finto dolore di politici e imprenditori, con la presa di parola di personaggi che sarebbe meglio se tacessero, gli stessi corsi a dichiararsi, 2 anni fa, "scossi" dalla tragedia della Thyssen Krupp di Torino... Acqua ne è passata sotto i ponti, ma le dichiarazioni e le promesse sono rimaste aria fritta, con gli operai che continuano quotidianamente a morire in fabbrica e nei cantieri.

•Morti nella cisterna: i precedenti
La rabbia operaia
Alle 7 di questa mattina cancelli chiusi e oltre 2mila persone in presidio fuori dalla Saras: 8 ore di sciopero nella provincia di Cagliari, 4 nel resto della Sardegna per il comparto dei metalmeccanici. Tanta la rabbia fuori dai cancelli, sui quali i colleghi dei 3 lavoratori morti hanno legato 3 rose rosse e 3 rose bianche. Nel pomeriggio è arrivata la conferma che lo sciopero sarà esteso anche per i prossimi 2 giorni, lo stabilimento rimarrà bloccato fino a lunedi, si è inoltre deciso di bloccare a tempo indeterminato ogni ricorso agli straordinari. Le autorità di Sarroch e di Villa San Pietro hanno proclamato quindi 3 giorni di lutto cittadino a partire da oggi. Dopo aver confermato lo sciopero dei metalmeccanici sardi nel giorno dei funerali, le segreterie di Cgil Cisl e Uil hanno sottolineato come "il tragico episodio ripropone con urgenza il tema della sicurezza nella raffineria", la Fiom si costituità parte civile. Ma probabilmente sarebbe il caso di bloccarli "prima" gli stabilimenti, fermare le produzioni per esigere sicurezza e diritti, il "dopo" è troppo spesso testimonianza. Nel frattempo altri 3 lavoratori han perso la vita, e il bollettino di guerra sui posti di lavoro non conosce fine.

•Saras, l'orrore del sopravvissuto "Ho cercato di salvare Bruno"

giovedì 28 maggio 2009

C’era una volta il partito comunista.

A volte capita ad ognuno di noi di guardarsi attorno e di cercare di capire da cosa è circondato. Questo stesso tipo di ragionamento è asportabile alla tematica politica, cioè, così come il cittadino nella sua dimensione lavorativa è circondato da una serie di mansioni da portare avanti giorno per giorno, allo stesso modo il cittadino politico si trova in mezzo ad una folta schiera di pensieri ed ideologie, spesso senza riuscire a capire quale sia la sua giusta collocazione politica. Quando chi vi scrive tratta tali discorsi è solito raccontare l’ esperienza di un bolognese politicamente di sinistra, nato nel 1950. Tale persona per motivi di famiglia si è dovuto trasferire in Giappone a circa diciotto anni per poi, dopo essersi creato una stabile situazione economica, ritornare in Italia pochi anni or sono, precisamente nel 2006. Il nostro protagonista che chiameremo Abbondio, nascondendo in tal modo la vera identità del personaggio, si ritrova dopo trentott’ anni paracadutato nuovamente nella sua Italia senza aver avuto nel corso degli anni in cui è stato lontano dalla sua madre patria, la possibilità di conoscere con chiarezza ciò che stava succedendo nella Stessa.
Da buon uomo politico qual’ era, Abbondio, una volta sbarcato in Italia ha deciso immediatamente di tornare ad occuparsi di politica in modo attivo, spinto dal ricordo degli anni che furono, gli anni in cui malinconicamente ha dovuto abbandonare, senza volerlo, le lotte studentesche per partire con la famiglia in Giappone.
Purtroppo però lo scenario politico Italiano era totalmente cambiato e lui non era consapevole di ciò.
Tentò intanto di ritrovare una dimensione politica nella quale inserirsi per dare il suo contributo ma immediatamente dovette abbandonare questa sua scelta, in quanto non era presente nessun partito che lo soddisfacesse veramente. Ancora oggi Abbondio vive la sua battaglia politica dall’ esterno senza nessuna tessera partitica, nostalgico dei compagni che lo circondavano nelle lotte all’ università, tutto ciò nell’ incapacità di riuscire a spiegare a se stesso il motivo per cui le vicende politiche erano totalmente cambiate.
Così Abbondio decise di scrivere due parole che io ritrovai nella casa che mi diede in affitto a Bologna: “ l’ Italia ahimè è cambiata, la sinistra non è più in grado di coinvolgere la massa, non si occupa di creare un modello da opporre al dilagante Berlusconismo, ma cerca di arginarlo con gli stessi mezzi. Il partito comunista non è più quello di una volta, che faceva della sua scuola politica il perno su cui creare le nuove classi dirigenti, oggi è diverso, oggi i compagni si sfidano nel ricordo, si frammentano davanti all’ idea di chi sia più marxista dell’ altro, senza ricordare che per lottare contro il sistema capitalistico è necessario essere uniti quanto mai. Ne ho visto è letto di tutti i colori, il partito marxista leninista, il partito comunista dei lavoratori, il partito d’ alternativa comunista, sinistra critica, rifondazione comunista che si frammenta ulteriormente e tanti tanti altri. Vedo dei partiti che non sono più vicini ai lavoratori, o che se lo sono, fanno a gara per diventare quelli che tra tutti sono i “più” vicini ai lavoratori. Mi sembra che sia giunto il momento di dire basta, il momento di tornare a combattere insieme per una società diversa, basata su valori e non sulle poltrone, sulla volontà di star meglio solo se stanno meglio tutti e ciò si può fare senza la necessità di guadagnare dodici mila euro al mese.”
Queste parole che ho trovato su un piccolo foglietto di carta, imbrattato dal giallore del tabacco, le ripropongo a voi, nella speranza magari di riuscire a suscitare nel vostro io qualcosa, anche se, so benissimo che probabilmente si tratterà di parole al “vento”.

lunedì 25 maggio 2009

Al cinema un "Che" uomo e rivoluzionario


"Che - L'argentino" e "Che - Guerriglia" sono le due parti del lungometraggio sul rivoluzionario argentino diretto da Steven Soderbergh, uscite al cinema a poche settimane di distanza l'una dall'altra. Non è certamente semplice fare un film su una delle icone più discusse della nostra epoca, ma si può dire che Soderbergh sia riuscito ad ottenere un buon risultato, senza scadere nella venerazione del Che, ben interpretato da un Benicio del Toro straordinariamente somigliante al personaggio. E' infatti questo uno dei maggiori pregi del film, dove il Che appare per ciò che era: un rivoluzionario, certo, ma pur sempre un uomo, con le sue debolezze, i suoi tratti idealistici, pragmatici e autoritari (come quando nella prima parte fa condannare a morte un traditore -scena che certo non piacerà ai portabandiera "sinistroidi" della non violenza-). "Che - L'argentino" parte dal primo incontro in assoluto con Castro e il manipolo di rivoluzionari che stavano progettando di rovesciare Batista, per arrivare a poco prima della presa de L'Avana, coronamento di una guerriglia vittorios. E' una prima parte molto interessante da un punto di vista cinematografico nonché quella più vicina alla definizione di "film-documentario", con un alternarsi di scene riguardanti la quotidianità dei guerriglieri nelle alture cubane e di parti in bianco e nero descriventi il viaggio del '64 a New York quando il Che parlò all'assemblea dell'ONU: impostazione questa che ricorda da vicino "JFK" di Oliver Stone. Le difficoltà della guerra di guerriglia sono parecchie e vengono certo evidenziate, ma il regista sottolinea maggiormente i successi ed il percorso trionfale di Fidel Castro e i suoi. Accade il contrario in "Che - Guerriglia" (basato sui diari di Bolivia), laddove dei maggiori leader del nuovo Stato è il solo Guevara ad abbandonare Cuba per recarsi in Bolivia e tentare di far scoppiare anche lì una rivoluzione, nelle sue intenzioni preludio alla sollevazione dell'intera America Latina. Qui le difficoltà sono subito maggiormente connotate, a partire dall'ostilità del Partito Comunista Boliviano e dalla diffidenza dei contadini del posto che i guerriglieri tentano invano di portare dalla loro parte (uno di questi -minacciato- passa dall'appoggiare i ribelli a dare importanti informazioni all'esercito consegnandoli di fatto la testa del nemico). La narrazione procede sulla scia di questi ostacoli, cui si aggiungono la scarsità di cibo e l'asma che non da tregua al Comandante, il quale per diversi tratti si trascina con grande fatica. Si arriva così alla cattura dello stesso Che da parte delle forze regolari boliviane: il simbolo della Rivoluzione cubana cade nelle mani del nemico, che fino ad allora aveva pubblicamente negato la presenza del rivoluzionario tra le montagne boliviane. Tenta invano di farsi liberare da un soldato, ma in ogni caso la sua condanna a morte è inevitabile e potrà permettere di infliggere un duro colpo al movimento rivoluzionario mondiale.
In definitiva, la pellicola sul Che è in sostanza ben riuscita ed è consigliata a chiunque voglia conoscere alcune delle vicende di un rivoluzionario troppe volte relegato (come spesso capita ai grandi rivoluzionari) al ruolo di simbolo sterile ed inoffensivo.

mercoledì 20 maggio 2009

La rivolta di Torino


aricolo tratto da uniriot.org

L'Italia è davvero un paese insopportabile e questo non tanto perché a governarlo c'è una solida maggioranza razzista e neocon, una maggioranza radicata nel tessuto produttivo, imbattibile nella scena mediatica, ma soprattutto per la mediocrità della sua opposizione. Un'opposizione senza coraggio né passioni. Basta leggere i giornali di oggi, meglio la Repubblica, o leggere le dichiarazioni di Franceschini per fare questa breve considerazione.

Quando sono esplosi gli studenti greci, al seguito dell'omicidio del povero Alexis, Ilvo Diamanti ha scritto per Repubblica analisi per nulla banali sul tratto comune della nuova generazione in lotta: dalla Francia all'Italia, dalla Grecia alla Spagna ‒ parafrasando le parole di Diamanti ‒ una generazione estranea al patto sociale alza la testa e pretende di riavere indietro il futuro che la precarietà le ha sottratto. Nelle scorse settimane, mentre in Francia venivano sequestrati i manager, Bernardo Valli ha dedicato pagine importanti all'anomalia d'oltralpe.

Il radicalismo francese è una sorta di modello da coccolare per la sinistra italica, sempre utile per ricordare a Berlusconi che anche la destra neocon più raffinata, quella di Sarkò, è tutt'altro che al sicuro. Poi Londra e l'assedio della City: per la prima volta capita di leggere Ezio Mauro e Massimo Giannini che si spingono a giustificare la rabbia anti-banche. Certo entrambi condannano la violenza, ma ratificano la necessità di un nuovo patto sociale contro la crisi. Aggiungo infine un elemento non marginale. L'Italia è un paese in cui le sue sinistre celebrano da quasi mezzo secolo i fasti del sessantotto studentesco. Un sessantotto senza operai e senza rivoluzione, indubbiamente, educato e pieno di buona società, comunque anno straordinario e senza pari. Nel sessantotto romano spicca un'esperienza che nessun politico della sinistra italica ha mai ripudiato: Valle Giulia.

Quanto accaduto ieri a Torino non si discosta molto, nella sostanza materiale, dai fatti di quarant'anni fa, così come, seppur con molte differenze, dalle rivolte greche e francesi. Ma ripercorriamo, fuori dalle menzogne giornalistiche, gli eventi torinesi. Almeno 10.000 studenti si mettono in corteo, giunti da tutta Italia, oltre che dalle facoltà torinesi. Desiderio condiviso da tutti è quello di violare la zona rossa, per dire basta a città militarizzate e per opporsi alle riforme universitarie. Migliaia di studenti dell'Onda hanno messo da parte la paura, quella propria della solitudine, e con il coraggio intenso dell'esperienza collettiva hanno provato a camminare, nonostante la polizia in assetto antisommossa cingesse d'assedio il castello del Valentino. Scudi di plexiglass e caschi a proteggere la propria testa dai tonfa. Poi le cariche, già violente il giorno prima. Manganelli, ma soprattutto tanti lacrimogeni, quelli al Cs di genovese memoria, come Mortola. Poi la difesa, agita tutti assieme, senza alcuna separazione tra buoni e cattivi. Immediata la gestione giornalistica: no global e violenti prendono l'Onda in ostaggio. Corriere e Repubblica sostanzialmente omogenei, per la prima volta da settembre.

Occorre dirlo a voce alta, in questo paese di razzisti e codardi, ieri migliaia di studenti dell'Onda hanno alzato la testa, nei confronti di chi alla contrattazione sociale ha sostituito l'autoritarismo. Dopo mesi di lotte gli studenti italiani hanno ricevuto porte chiuse e manganelli. Da che parte sta la violenza, quella vera, quella del potere cieco e sordo? Ieri a Torino c'era solo indignazione, forte e ragionevole.

Francesco Raparelli, Dottorando di ricerca in Filosofia politica

Torino: G8 dell'Università

La parola hai fatti:



martedì 19 maggio 2009

Pecora Nera n 10

Qualche giorno di assenza dovuto essenzialmente alla creazione del nuovo Pecora Nera. Siamo arrivati al numero 10, ciò vuol dire che già 5 mesi sono trascorsi dall'uscita del primo numero. Speriamo di continuare così.
Ecco a voi l'editoriale:

Westler d'Itaglia

Centro-sinistra oggi. Difficile parlare di un qualcosa il cui nome non corrisponde al significato. Il centro-sinistra di oggi è formato da tre partiti: Italia dei valori, partito socialista, partito democratico. Per risalire alla situazione attuale bisognerebbe ricapitolare tutte le alleanze, le scissioni, le migrazioni, ma ciò sarebbe noioso oltre che piuttosto complicato. Meglio parlare della situazione odierna. Qualcuno dice che il centro-sinistra ha avuto (e sta avendo) una graduale e interminabile degenerazione. Si può parlare di degenerazione nel nostro caso? Qualcosa che non ha nemmeno più le sembianze di ciò che era, non è un qualcosa di degenerato, è un qualcosa di irrimediabilmente mutato. Quali sono le idee di sinistra portate avanti da questi partiti? Quali sono le politiche di sinistra che gli appartenenti quest'area vanno propagandando? La risposta è la stessa per entrambe le domande: nessuna. Oramai l'ideologia non serve più a niente, nella politica di oggi serve solo andare a Porta a Porta o a Ballarò, scontrarsi con gli avversari politici di turno e stop, tutti a casa felici e contenti. Quando mi capita di soffermarmi a guardare un programma qualsiasi, con ospiti dei politici di fazioni diverse, mi sembra di assistere ad uno spettacolo di Wrestling. Davanti a me non ho due -o più- omoni in mutande che fanno finta di darsele di santa ragione, osannati dalle rispettive tifoserie, ma ho due -o più- ominidi in giacca e cravatta, che fanno finta di litigare -verbalmente purtroppo- con le rispettive tifoserie, che applaudono le loro abilità retoriche o più probabilmente la battuta velenosa sull'avversario. La differenza è che i wrestlers sono molto più bravi a non farsi scoprire, dopo l'incontro, a braccetto con l'avversario...crollerebbe tutto il castello di carte! I nostri politici oramai non si curano neanche di questo, basti ricordare il famoso video di Luciano Violante alla Camera dei deputati che svela tutto il giochino del conflitto d’interessi e di Mediaset: il centro-sinistra assicurò a Berlusconi che non avrebbe sfiorato il suo conflitto d’interessi né le sue televisioni sin dalla sua discesa in campo (1994). Nel mentre il gioco delle tre carte continua come se niente fosse, i soliti politici continuano a fare la staffetta per governare, e la maggioranza degli italiani continua a credere che ci sia un conflitto insanabile tra destra e sinistra.
Ma in questi ultimi anni un partito nuovo sta prendendo sempre più consensi nel centro-sinistra: L'Italia dei Valori, il partito di Antonio di Pietro. Sarebbe bello sapere cosa questo partito abbia di sinistra, infatti, a partire dalla sua struttura verticistica e tutta concentrata nella figura del suo leader, sembra più ricalcare le forme di un altro partito, nato nel 1994, grazie a Dell'Utri. Ma, la sua politica di stampo liberale a favore dei finanziamenti alle scuole private e la difesa senza sconti delle forze dell'ordine - anche nel caso del G8 di Genova - sono indubbiamente di sinistra.
In questa Italia malata le persone di sinistra oggi dovrebbero porsi un quesito: cos'è peggio nel nostro Paese, un uomo come Berlusconi, che sta mettendo su un regime mediatico-populista dai tratti fortemente autoritari? Oppure dei finti partiti di una finta opposizione, che con il loro finto dissenso perpetrano questa situazione, mascherando la loro azione politica e facendo in modo che nulla cambi, che tutto rimanga uguale?




SCARICA IL NUMERO 10

giovedì 14 maggio 2009

Cercasi fotografi!


Ciao a tutti, questo è un appello per tutti coloro che girano attorno al mondo studentesco, alle sue mobilitazioni, alla sua vita. E' un appello mirato per tutti coloro che fotografano tutto quello che ci può essere di interessante nel mondo sopra descritto: manifesti, striscioni, manifestazioni, scritte sui muri, sit-in, bandiere, lezioni eccecc. Se vi piace fotografare questo genere di cose e volete pubblicare nel giornale Pecora Nera o/e nel blog le vostre foto mandatele alla nostra e-mail: scienzepoliticheoccupata@gmail.com
Se possedete già delle foto che secondo voi possono essere adatte mandatele e vi saremo grati...infatti, l'esservi grati, sarà l'unico ricopensa che potremo darvi ovviamente...
Se prima di parteciparvi volete togliervi qualche dubbio scrivete pure senza problemi.
A presto e grazie!

mercoledì 13 maggio 2009

Nucleare, via libera del governo!


solo questione di tempo...da repubblica.it:

ROMA - Via libera del Senato al ritorno del nucleare in Italia. Ieri l'assemblea di Palazzo Madama ha approvato (con 142 sì e 105 no: sì del Pdl e dell'Udc, no del Pd e dell'Idv) gli articoli 14-15 e 16 del disegno di legge "Sviluppo ed energia" che danno al governo la delega per adottare entro sei mesi (nel precedente testo si parlava del 30 giugno 2009), e dopo una delibera del Cipe, più decreti per il ripristino dell'intera filiera di produzione dell'energia atomica: tipologia e disciplina per la localizzazione degli impianti, stoccaggio del combustibile, deposito dei rifiuti radioattivi. Sono previste procedure velocizzate per la costruzione delle centrali da parte di consorzi: la cosiddetta "autorizzazione unica" che sostituisce ogni tipo di licenza e nulla osta tranne la Via (valutazione impatto ambientale) e la Vas (valutazione d'impatto strategica). Sono previste inoltre "misure compensative in favore delle popolazioni interessate".

Dopo più di vent'anni si riapre dunque la strada all'energia nucleare: a bloccarla fu un referendum che si tenne l'8 novembre del 1987, l'anno dopo della tragedia di Chernobyl. I tempi del ritorno, per ora sono tutti da verificare: da segnalare tuttavia che nel febbraio scorso Berlusconi e Sarkozy hanno già siglato un'intesa per la produzione di energia nucleare che coinvolge Edf e Enel.

"Una scelta sbagliata e antieconomica", ha dichiarato la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro. "L'atomo di Berlusconi e Scajola era già vecchio, ora è decrepito", ha attaccato Roberto Della Seta del Pd il quale ha denunciato un aspetto in ombra della nuova normativa: non è chiaro infatti chi debba individuare i siti delle nuove centrali e c'è il rischio che questo compito spetterà alle grandi imprese dell'energia, e ciò potrà avvenire anche contro il parere delle Regioni in presenza del principio del potere sostitutivo del governo in mancanza di intesa con gli enti locali. Inoltre, sempre Della Seta, osserva polemicamente che i siti saranno oggetto di "segreto militare". Furenti i Verdi: per Grazia Francescato il "governo persevera in una follia antieconomica", mentre per Belisario (Idv) si tratta di una delega al governo "senza controlli".
Nel corso della votazione, assai contrastata e segnata ieri mattina dalla mancanza per quattro volte del numero legale per assenze nelle file della maggioranza, sono stati comunque inseriti alcuni emendamenti "migliorativi" da parte del Pd, accolti dal governo: uno di questi prevede che i benefici compensativi ai cittadini che vivono in prossimità delle nuove centrali saranno a carico delle imprese non saranno scaricati sugli utenti finali.


Ma sicuramente non le faranno in Sardegna, il nostro Capellacci in campagna elettorale aveva detto che sarebbero dovuti passare sul suo cadavere...
sempre da repubblica.it:
[...] In Sardegna, dalle parti di S. Margherita di Pula a sud. O anche sulla costa orientale, fra S. Lucia e Capo Comino. O più giù, davanti a Lanusei, alla foce del Rio Mannu[...]

martedì 12 maggio 2009

Manifestazione contro l'omofobia

Qui sicuramente ci saremo:

CAGLIARI 16/05/2009 P.zza Garibaldi ore 17.30
Il 17 maggio è la Giornata mondiale contro l'omofobia (IDAHO – International Day Against Homophobia), in più di 40 paesi d'Europa e del mondo, perché in quella data, nel 1990,l'Assemblea generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha cancellatol'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali. L'Omofobia è qualunque giudizio negativo nei confronti dell'omosessualità, comprese tutte le convinzioni personali e sociali, quale la convinzione che l'omosessualità sia patologica, immorale, contronatura, socialmente pericolosa, invalidante. L'Omofobia è analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo, al sessismo. Essa si manifesta, nella sfera pubblica (lavoro, istituzioni, cultura) come in quella privata, sotto forme diverse, quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidi, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico e di dogmatismo religioso. L'omofobia in Italia è fortemente radicata. Numerose sono le dichiarazioni pubbliche di esponenti politici e religiosi esplicitamente avverse alle persone omosessuali. Persino l'Unione Europea accusa la chiesa cattolica di imporre una religione di stato omofobica e la politica italiana di seguirla. Nel 2008 il vaticano si è espresso contro la depenalizzazione dell'omosessualità proposta dall'ONU, mostrando così di essere a favore di sanzioni, torture, pene (addirittura capitali in 10 paesi islamici) comminate alle persone GLBT nei 91 paesi in cui l'omosessualità è reato. Anche in Sardegna le violenze contro gli omosessuali si verificano da sempre, ma solo negli ultimi tempi la stampa sta dando maggior rilievo agli episodi di omofobia segnalandone quelli almeno più eclatanti: il violento pestaggio di un ragazzo a Villacidro, la morte poco chiara di un uomo nei parcheggi della fiera di Cagliari, il giovane aggredito e stuprato in provincia di Olbia, i gay presi a fucilate nella spiaggia di Platamona. Questi ed altri episodi di violenza nei confronti delle persone omosessuali sono solo la punta di un iceberg sommerso di violenze “minori” e quotidiane, di soprusi sottili, di ricatti, di violenze psicologiche. La battaglia contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia deve rivestire un significato che vada ben oltre la rivendicazione dei diritti di una parte della popolazione. Si tratta infatti di contrastare l’azione della chiesa e dello stato, strumenti e insieme complici non solo dell'omofobia dilagante in Italia ma anche degli attacchi perpetrati contro tutto ciò che (come divorzio, aborto, riproduzione assistita e unioni civili) pare minare un presunto ordine, naturale, irremovibile e indiscutibile, presentato come il prodotto di leggi naturali o divine, ma che, in realtà, è semplicemente una conseguenza della cultura eterocentrica, sessista e patriarcale su cui si fonda la nostra società. Assemblea per la giornata mondiale contro l’omofobia

Sherwood camp


E' arrivata questa e-mail da Torino, è probabile che uno dei nostri ci sarà...
a voi:

Car* tutt*

Manca poco all'inizio dei giochi del G8 University Summit, ospitato dal Politecnico di Torino, promosso dalla CRUI.

Come studentesse, studenti e collettivi del Politecnico e dell'Università di Torino, stiamo lavorando da mesi ad un appuntamento di opposizione partecipata e collettiva a questo ennesimo "evento". Indipendenti da organizzazioni partitiche o pseudo-partitiche DI OGNI GENERE, rappresentati solo da noi stessi.

Per i giorni del Contro Summit ci porremo in discontinuità rispetto ad una certa ritualità espressa in altre occasioni. Attraverso il Turin Sherwood Camp, il primo Climate Camp torinese, stiamo organizzando un'invasione pacifica ed ecosostenibile dei prati attorno al Castello del Valentino, sede delle facoltà di Architettura del Politecnico di Torino che ospiterà il Summit dei rettori. A partire da venerdì 15 tutt* potranno portare il proprio contributo in termini di riflessioni e pratiche di alternativa. Domenica 17 pomeriggio si terrà il CORTEO della “DEGNA RABBIA IN MARCIA” contro il G8 University Summit: il Camp si metterà in moto, per assediare farsescamente il Castello del Valentino, in concomitanza con l’inizio del G8 University Summit!

Oltre lo Sherwood Camp sono in programma altre iniziative di opposizione al G8 in quei giorni a Torino, a partire dal corteo organizzato per martedì 19 a chiusura del Summit, iniziative a cui parteciperemo come studentesse e studenti, senza etichette di sorta.

Appello-piattaforma, adesioni, programma del Contro-Summit / Turin Sherwood Camp, manifesti e altro materiale su: www.sherwoodcamp.net


Dal 15 maggio tutt* a Torino!


Cantiere Altro Sviluppo - Torino

www.sherwoodcamp.net - info@sherwoodcamp.net

lunedì 11 maggio 2009

PDL, UDC e IDV al governo: più soldi alle scuole private


Ebbene si, dopo i richiami della chiesa e la marcia indietro del governo sui tagli alle scuole paritarie, è intervenuto anche il parlamento, per chiedere altri finanziamenti statali alle scuole private, con tre mozioni firmate dal PDL, l'UDC e l'IDV del nuovo " paladino della sinistra " Antonio Di Pietro ( che potete ammirare in una recente foto di repertorio che lo rappresenta in uno spettacolo di intrattenimento culturale del bagaglino ).

...di seguito riporto l'articolo tratto da "Repubblica.it":

Più soldi alle paritarie. Mentre l'Esecutivo taglia 8 miliardi (e 134 mila posti in tre anni) alla scuola pubblica il Parlamento impegna il governo perché nei prossimi mesi aumenti i finanziamenti alle scuole private. I promotori delle mozioni approvate dalla Camera durante la seduta dello scorso 6 maggio sanno che il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sta predisponendo la Finanziaria per il 2010. Due delle tre mozioni che hanno incontrato il consenso dell'aula di Montecitorio, nella sostanza, chiedono dapprima di restituire alle scuole paritarie il "maltolto" (leggasi taglio effettuato con la legge finanziaria del 2009) e, successivamente, di allargare i cordoni della borsa.

Sull'esigenza di supportare le scuole paritarie, che vedono impegnata sul campo la chiesa cattolica, si è realizzato alla Camera un accordo abbastanza largo che ha coinvolto un pezzo dell'opposizione. La mozione che senza troppi preamboli chiede al governo di "incrementare le risorse destinate al sistema paritario" è quella sottoscritta da una trentina di deputati del Pdl (tra i quali Cicchitto e Cota, due uomini molto vicini al presidente del consiglio Berlusconi), della Lega e del Movimento per l'autonomia di Raffaele Lombardo.

La questione viene affrontata partendo da molto lontano. Occorre "realizzare interventi - si legge nel testo - volti a facilitare e promuovere le condizioni per l'effettiva libertà di scelta educativa delle famiglie fra scuole statali e paritarie". Una richiesta che potrebbe addirittura apparire legittima se non determinasse il fatto che per "realizzare tali condizioni" bisogna "incrementare, fin dal disegno di legge finanziaria per il 2010, le risorse destinate al sistema paritario". Ma non solo. Per "facilitare la scelta educativa delle famiglie" è necessario "uno specifico strumento legislativo che, con risorse aggiuntive dello Stato, realizzi interventi speciali a sostegno della libertà di scelta educativa" dei genitori italiani.

I deputati hanno le idee chiare in merito. La risposta è data da "mix di strumenti quali: buoni scuola per la copertura, in tutto o in parte, dei costi di iscrizione e di frequenza in scuole paritarie; detrazioni fiscali a favore delle famiglie che iscrivono i figli presso scuole paritarie in misura adeguata a ridurre significativamente gli oneri, calibrate a scalare per le famiglie con i redditi più bassi". Sarà d'accordo Tremonti che l'anno scorso ha fatto andare su tutte le furie i vescovi italiani tagliando 133,4 milioni al sistema paritario, per poi dovere tornare sui suoi passi e restituirne 120?

Ma non basta: mancano all'appello 13,4 milioni ai quali le scuole paritarie non intendono rinunciare. E con una formula piuttosto criptica i richiedenti invitano il governo "ad adottare iniziative per recuperare le risorse mancanti affinché la situazione dei finanziamenti alla scuola paritaria per l'esercizio finanziario del 2009 ammonti sostanzialmente a quelli assegnati nell'esercizio finanziario 2008": circa 500 milioni. Cifra che ai gestori delle paritarie sembra insufficiente e che potrebbe essere incrementata di altri 100 milioni.

Anche l'Udc, con nove deputati, scende in campo a favore delle scuole paritarie chiedendo al governo di "garantire la certezza dei finanziamenti e dei tempi di erogazione delle risorse per le scuole paritarie" e "il ripristino integrale delle risorse sottratte alle scuole paritarie dalla manovra economica". Ma non solo: i deputati di Pier Ferdinando Casini battono cassa per centinaia di milioni di euro. Occorre "ripristinare per il 2009 - si legge nella richiesta - il finanziamento di 240 milioni di euro per il sistema di istruzione e formazione professionale, recuperando, inoltre, i 440 milioni di euro relativi ai due anni precedenti".

Più soft le richieste dell'Italia dei Valori, che ha proposto la terza mozione approvata dalla Camera. I deputati di Di Pietro chiedono al governo di "sostenere lo sviluppo dell'iniziativa privata nel settore formativo nell'ambito di una politica di sostegno dell'intero sistema scolastico nazionale, nel quale pubblico e privato siano coordinati nell'ottica di un sistema unico, parificato ma omogeneo".
(11 maggio 2009)

domenica 10 maggio 2009

Un appello di Paolo Barnard


Questa lettera risale alla fine del 2007. A parer mio è assai interessante, e vale assolutamente la pena leggerla tutta:

Miscellanea Cari amici,

sono Paolo Barnard, giornalista ex inviato di Report e scrittore (Perché ci Odiano, ecc.), impegnato da molti anni nei temi che ci stanno a cuore. Queste righe sono un appello molto più che accorato, sono piuttosto un grido per ostacolare la rovinosa deriva nella quale la Società Civile Organizzata italiana [per Società Civile Organizzata si intendono sia i pochi attivisti che i tanti simpatizzanti raccoltisi attorno ai Movimenti e ai gruppi di protesta italiani] è franata, e di cui il terribile V-day di Beppe Grillo è solo l’espressione più visibile.

Sta accadendo che noi, la Società Civile Organizzata di questo Paese, ci stiamo facendo annullare dai metodi e dalle strutture di rapporto di alcune personalità divenute nostri leader, e dal fumo negli occhi che costoro sono riusciti a soffiarci. Siamo ridotti oggi a poca cosa, ci stiamo auto consegnando all’irrilevanza, nonostante l’apparenza sulla superficie sembri dimostrare l’esatto contrario. Eravamo invece l’unica speranza rimasta a fronteggiare il trionfo internazionale del Sistema massmediatico e neoliberista, davvero l’ultima spiaggia. L’annullamento di quella speranza è per me una tragedia enorme, ma è indicibilmente più tragico che questa rovina si stia consumando per mano dei nostri stessi leader alternativi e con il nostro pieno ed euforico consenso. Questo, mentre il Sistema se ne sta tranquillo a guardare in piacevole stupore (il Sistema, amici, quello vero, quello che non sta a Palazzo Chigi).

E’ accaduto che noi, gli antagonisti, abbiamo riprodotto al nostro interno le medesime strutture del Sistema che volevamo contrastare.

L’annullamento verticale
Anche fra noi dilaga oggi la struttura chiamata Cultura della Visibilità, che è la cultura dei Personaggi, cioè dei Vip, e che nel nostro caso è rigorosamente alternativa, certo, ma sempre identica all’equivalente struttura del Sistema massmediatico. E cioè la nefasta separazione fra pochi onnipresenti famosi, e tanti seguaci. Ne siamo pervasi totalmente.

I nostri Personaggi e gli eventi che essi gestiscono (i Grillo, Travaglio, Guzzanti, Strada, Zanotelli, Ciotti, Moretti ecc., con le loro marce, manifestazioni, spettacoli di piazza, film ecc.) producono singolarmente cose (talvolta) egregie, ma collettivamente fomentano quella struttura compiendo un danno devastante, e che pochi ancora comprendono nella sua ampiezza e implicazioni. Quale danno? Essi di fatto svuotano l’Io dei loro seguaci impedendogli di divenire singole entità autonome e potenti, rendendoli (rendendoci) un esercito di anime incapaci, dunque minando la Società Civile Organizzata e la speranza che essa rappresenta. Ecco come:

1) I Personaggi, ponendosi come tali, inevitabilmente ci trasmettono la sensazione di sapere sempre più di noi, di poter fare più di noi, di contare più di noi, di aver sempre più carisma di noi, più coraggio, più visibilità. E più sapere, capacità, importanza, carisma, coraggio e visibilità noi gli attribuiamo meno ne attribuiamo a noi stessi. Il paragone inevitabile fra la nostra (generalmente fragile) autostima e l’immagine di ‘grandezza’ dei Personaggi, fra il nostro limitato potere e quello invece di chi è famoso, è ciò che finisce per annullarci. Tantissimi di noi infatti pensano “ma da solo cosa posso mai fare? cosa conto? chi mi ascolta?”, e in sol colpo ci auto annulliamo. Smettiamo così di pensare e di agire autonomamente e corriamo ad affidarci ai suddetti Personaggi, che prontamente ci forniscono un pensare e un agire preconfezionati, che noi fotocopiamo in un’adesione adorante e acritica. E questa è, insieme, una rovina per noi e la salvezza del Sistema, per le ragioni che esporrò a breve.

Riguardatevi la folla del V-day di Bologna e ragionate solamente su tutte quelle mani alzate e sulle ovazioni. Cosa trasmettevano se non una colossale attribuzione di potere a coloro che cavalcavano quel palco?

Abbiamo così ricreato una verticalità e nuove Caste. E’ tutto lì, la cosa peggiore è proprio questa. La loro imponenza, cultura, e visibilità rimpiccioliscono noi, che deleghiamo loro praticamente tutto.

E infatti in assenza dei personaggi, delle loro analisi e delle loro iniziative, la maggioranza di noi diviene inerte, anzi, scompare. Ecco perché le migliaia di noi che si riversano nelle piazze ogni anno sembrano regolarmente sparire nel nulla all’indomani. Ecco perché questa Società Civile non cambierà alcunché.

Beppe Grillo, come tutti i trascinatori, fa crescere (o piuttosto fanatizza?) alcuni suoi attivi seguaci ma contemporaneamente svuota centinaia di migliaia, ed ecco il fumo che egli ci getta negli occhi quando ci convince invece che tanto sta accadendo.

E non fatevi ingannare dal fatto che i nostri Personaggi denunciano cose spesso sacrosante, o che alcune loro iniziative sono anche benefiche. Questo vi oscura una visione più obiettiva, poiché siete assetati di qualcosa che finalmente spezzi il Sistema e vi gettate con entusiasmo sulla prima offerta disponibile che ‘suoni’ come giusta. Ma il giusto che costoro invocano e operano è ben poca cosa di fronte al danno che nell’insieme (e più o meno consapevolmente) essi causano attraverso l’annullamento di così tanti. Esattamente come nel caso, a voi noto, dell’ingannevole giustezza e natura benefica dei cosiddetti aiuti al Terzo Mondo: ineccepibili e sacrosanti all’apparenza, ma nella realtà essi sono la vera causa della rovina e della morte di milioni di derelitti nel mondo.

2) Tutti i sopraccitati Personaggi, dai comici ai preti ai giornalisti, hanno dato l’avvio in Italia a una forsennata industria della denuncia e dell’indignazione, ovvero la febbre della denuncia dei misfatti politici a mezzo stampa o editoria, con tanto di pubblici inquisitori che ne sfornano a ritmo incessante, nella incomprensibile convinzione che aggiungere la cinquecentesima denuncia alla quattrocentonovantanove in un martellamento ossessivo serva a cambiare l’Italia. Eppure, che la politica italiana fosse laida, ladra e corrotta, milioni di italiani lo sapevano benissimo già prima che molti di questi industriali dell’indignazione nascessero, e assai poco è cambiato. Allora, a che serve procedere compulsivamente ad aggiungere denuncia e denuncia e indignazione a indignazione? In realtà questo modo di agire serve a giustificare (oltre agli incassi degli autori) l’auto assoluzione di masse enormi di italiani, noi italiani come sempre entusiasti di incolpare qualcun altro, e mai noi stessi e la nostra becera inerzia, per ciò che accade. E badate bene che è proprio questa auto assoluzione scodellataci dai nostri Personaggi che ci annulla ulteriormente, poiché ci impedisce di imbatterci nell’unica verità in grado di farci agire, e cioè che alla fine della strada la responsabilità ultima per tutto quello che accade di sporco e corrotto in questo Paese è nostra. Direbbe Truman: The buck stops here.

La vera Casta in Italia sono i milioni di bravi cittadini che evadono più di 270 miliardi di euro all’anno, quelli che fanno politica una volta ogni cinque anni, quelli che ogni cinque anni consegnano masse di potere a pochi rappresentanti e poi si occupano solo dei fatti propri (come affidare a un bambino le chiavi del magazzino della Nutella e non controllarlo più, e poi lamentarsi che il bimbo ha finito col papparsela tutta). Ma anche quelli che, e parlo ora delle adoranti folle del V-day, si sentono ‘belle anime’ in lotta per Un Mondo Migliore perché si riversano nelle piazze ad applaudire l’istrione egomaniacale di turno, ma che chissà perché non compaiono mai nei luoghi del grigio vivere quotidiano a fare il lavoro noioso, paziente, un po’ opaco dell’impegno civico, del controllo sui poteri, della partecipazione continua, del reclamo incessante di standard morali e democratici, e della creazione di consenso fra la vera Casta.

E invece a braccetto con l’industria della denuncia e dell’indignazione ci auto assolviamo e ci ri-annulliamo.

Si doveva fare altro.

La struttura orizzontale*
Solo Fonti, non Star. Dovevamo invece essere aiutati a crescere per divenire ciascuno singolarmente il Personaggio di se stesso, il Leader di se stesso, il Travaglio-Grillo-Ciotti-Zanotelli ecc. di se stesso. Dovevamo imparare a ‘scrivere’, ciascuno di noi a suo modo, il ‘libro’ della propria denuncia dei fatti e della propria analisi accurata dei fatti, dovevamo imparare a fare ogni giorno il nostro personale Tg, ad essere i presidenti del consiglio di noi stessi, i politici di noi stessi, unici e soli referenti di noi stessi, a credere solo nella propria verità, senza mai, mai e mai aderire acriticamente alla verità di alcuno, chiunque esso/a sia, qualunque sia la sua fama, provenienza, carisma o potere. Ciascuno di noi sul proprio palco, sotto i propri riflettori, in prima serata, non importa quanto colti, quanto intelligenti, quanto connessi, poiché l’unico motore del nostro agire doveva essere la fede nell’insostituibile importanza di ciascuno di noi.

Non dovevamo permettere la nascita di Star alternative perennemente citate, adorate, ospitate in tv, inseguite nelle piazze fin al delirio da stadio, e detentori del ‘cosa si deve fare’, se non addirittura dell’organizzazione nostro futuro. Semmai esse dovevano invece fungere da semplici individui che si mettevano a nostra disposizione unicamente come fonti. Semplici fonti, da consultare con sana distanza, da usare come si usa Google, ovvero pagine fra le tante di una enciclopedia che può esserci utile ma il cui ruolo doveva rimanere più modesto. A scintillare non dovevano essere i Grillo e i Travaglio, doveva essere ogni singola persona comune, per sé, in sé. Tutto ciò, in un rapporto sempre e solo orizzontale.

Solo il percorso sopraccitato avrebbe garantito la nascita di un insieme di cittadini capaci di agire sempre, indipendentemente da qualsiasi cosa, capaci di combattere anche da soli, anche in assenza dei trascinatori, per sé e con sé, dunque potenti, affidabili e durevoli, sani in una dialettica sociale sana. Gente in grado di analisi attente e indipendenti di ogni evento, alla ricerca della giusta soluzione, e che mai si farebbe trascinare dall’errore fatale dell’adesione acritica all’analisi di qualcun altro.

Questo avrebbe fatto tremare i palazzi, questo li avrebbe spazzati via, questo e solo questo avrebbe cambiato la nostra Italia.

* ho preso in prestito il termine ‘orizzontale’ da uno scritto di Gherardo Colombo, che ringrazio. nda

Il gregge e il precipizio
Fra i nostri Vip alternativi si agitano alcuni personaggi meschinamente in malafede, ed è davanti agli occhi di tutti. Altri sono meno equivoci, ma tristemente incapaci di vedere una verità che vale la pena ripetere: non possono incitare le persone ad agire mentre, per i motivi sopraccitati, li svuotano della capacità di agire. Il V-day e i suoi Vip hanno offerto uno spettacolo indecente quando incitavano la cittadinanza a fare politica dopo averla per anni annullata fino all’intontimento. Ed eccolo l’intontimento risultante: sentiamo e accettiamo da costoro cose che solo pochi anni fa ci avrebbero fatto trasecolare e indignare, come le proposte di omologazione culturale degli immigrati che neppure Le Pen ha mai fatto:

- l’esaltazione del criminale di guerra Tony Blair come leader illuminato (sic) e della Fallaci come “unica vera giornalista italiana”;
- la schedatura del DNA;
- l’assoluzione delle condotte disumane e dei crimini internazionali d’Israele perché “sappiamo di cosa sono capaci gli arabi”;
- l’inammissibile retorica sull’esistenza di un presunto ‘regime’ in Italia, che offende la memoria dei milioni che sono morti sotto le vere torture nelle vere carceri dei veri regimi, e che espone la frode di certi nostri attuali ‘oppositori del regime’ perennemente in prima serata Tv, o nei salotti letterari, o nelle piazze o sui maggiori quotidiani nazionali, quando non mi risulta che Steve Biko o Santiago Consalvi o ancor prima Gramsci o i fratelli Rosselli si siano mai opposti in quel modo ai rispettivi regimi;
- e poi guazzabugli sgangherati di concetti come democrazia e partecipazione, con, solo per citare un esempio recentissimo, sconsolanti assurdità come questa (profferta da una fra i nostri idoli in prima serata): “L’Italia non è una democrazia, lo dimostra il fatto che dopo ogni inchiesta di Report non accade mai nulla!”. E’ desolante che questa opinion leader alternativa confonda una trasmissione Tv col risultato di un referendum. E’ a questo livello di competenza che affidiamo le nostre convinzioni? E non si tratta di bazzecole; immaginate solo come avrebbe ironizzato quella stessa opinion leader se Calderoli avesse detto “L’Italia non è una democrazia, lo dimostra il fatto che dopo ogni denuncia della Padania non accade mai nulla!”.
- cadute di stile terribili, come l’augurio di morte al politico urlato dal palco e accolto dall’applauso scrosciante (sic) del pubblico dei ‘giusti e nuovi cittadini’;
- tirate isteriche all’insegna del miglior imperialismo culturale in pieno stile Bush/Huntington spacciate per difesa dei diritti umani e della legalità in Afghanistan;
- intolleranza ed esclusione delle opinioni dissidenti espresse dall’interno da parte dei grandi paladini anti-imperialisti come Lettera 22 o PeaceReporter o il Manifesto, o Diario, o Liberazione o Radio Popolare, esattamente come accadrebbe su Libero, il Foglio, Matrix o a Porta a Porta;
- il noto programma d’inchiesta “coraggioso” che sopravvive e prospera 4 anni in prima serata Tv sotto il governo Berlusconi, mentre il noto ‘oppositore del regime’ pontifica che “chi non ha il guinzaglio in televisione in questo momento non lavora e chi ci lavora in un modo o nell’altro un suo guinzaglio ce l’ha…”, salvo poi rifiutarsi con spregio e arroganza di spiegare questa contraddizione;
- il giornalista moralizzatore che salta dalla RAI a Mediaset alla RAI al parlamento europeo a suon di denaro pubblico e con mandato popolare, per poi dire grazie tante e piantarci in asso per riprendersi il suo giocattolo preferito alla faccia del nostro mandato e dei nostri soldi;
- il quotidiano ‘diverso’ e i suoi fans che abbracciano l’eroe Calipari perché ha salvato una di loro, ma che alla domanda “cosa avreste detto di questo ‘sbirro’ se fosse morto salvando Quattrocchi o Agliana?” si rifiutano sia di rispondere che di aprire una riflessione tremendamente importante;
- i preti attivisti che chiedono ai potenti del mondo il ripudio, senza se né ma, dell’imperialismo, del capitale selvaggio, dei mercati di armi, delle mafie, in quanto irriformabili e osceni, ma che non accennano ad alcun ripudio senza se né ma del loro Vaticano, non meno irriformabile e osceno;
- gli insulti a raffica come strumento dialettico del nuovo Guru, in totale sintonia con le dialettiche ‘celoduriste’;
- il pressappochismo delle denunce, le sparate nel mucchio, l’urlo come garante di affidabilità di un’affermazione, che ha rimpiazzato del tutto l’analisi critica con cui dovremmo sezionare ciascuna affermazione prima di promuoverla a verità. E tanto, tristemente, altro.

E noi in deliquio per questa roba, la chiamiamo rivoluzione, democrazia, giustizia.

Ma proprio più nessuno si sta rendendo conto che il V-day è stato lo scioccante apogeo di questa disastrosa deriva? O che Beppe Grillo è andato fuori di testa, detto come va detto, che si sente e si pone come l’Unto del Signore che salverà l’Italia (vi ricorda qualcuno?). Quell’uomo dilaga e straripa e mescola e pasticcia e spara e si contraddice e impera e fa e disfa, e persino delira di un futuro a sua immagine per tutti, e ce lo sta imponendo a urli e insulti.

Noi persone civicamente impegnate siamo finiti a berci tutto questo senza neppure più vederlo. E il pericolo è che un affidamento così sciagurato a figure così ipertrofiche con tali metodi e con quella struttura di relazione verticale ci sta portando tutti insieme nel baratro, al loro seguito.

I sonni tranquilli del Potere
Vi prego di riflettere. Credete veramente che il Potere sia così sciocco e impreparato da poter essere, non dico sconfitto, ma anche solo disturbato da questo sgangherato esercito alla deriva? Ma credete veramente che coloro che in soli 35 anni hanno saputo ribaltare due secoli e mezzo di Storia, coloro che hanno reso di nuovo plausibile l’inimmaginabile nella quotidiana vita di 800 milioni di cittadini occidentali, coloro che muovono 1,5 trilioni di dollari di capitale al giorno, coloro che tengono ben salde nelle loro mani tutte le leve della nostra Esistenza Commerciale stiano perdendo anche un singolo secondo di sonno per noi e per i nostri Guru? Ma avete un’idea di come lavorano questi? Dovete capire, proprio visualizzare, il potere di chi è riuscito in un attimo della Storia a compattare migliaia di destre economiche eterogenee sotto un’unica egida e sotto un pugno di semplicissime ma ferree regole, per poi travolgere il pianeta ribaltandolo da cima a fondo. Il Potere è ed è stato coeso, annullando ogni individualismo fra i potenti, è ed è stato disciplinato all’inverosimile, ossessivamente preciso in ogni analisi, immensamente competente, sempre silenzioso, al lavoro 24 ore su 24 senza mai un respiro di pausa, comunicatore raffinato, con a disposizione i cervelli più abili del pianeta e mezzi colossali. Aprite gli occhi. Secondo voi questa immensa macchina infernale può preoccuparsi dell’incedere di un nugolo di personaggi o istrioni più o meno credibili con al seguito una minoranza di adepti/fans/seguaci persi nell’ingenua buona fede quando non già del tutto disattivati dei loro stessi leader?

E allora capite la mia disperazione nel vedere che forze già così fragili e sparute come le nostre vengono eviscerate e si fanno eviscerare dall’interno? Vi prego, fermatevi, fermiamoci tutti.

L’unica speranza
Dobbiamo fermarci, fermare tutta la nostra macchina di oppositori civici, Movimenti inclusi, e guardarci dentro. Forse non siamo tanto migliori o differenti dal Sistema che vorremmo contrastare, dalle persone che tanto detestiamo. Forse abbiamo replicato il loro sciagurato modello di rapporti, e per alcuni dei nostri leader alternativi vale la considerazione di Brecht che “Il nemico talvolta marcia alla vostra testa”.

Io ho suggerito una strada, che è quella descritta precedentemente, e cioè il percorso di crescita individuale in consapevolezza e in autostima di ciascuna persona in assenza di Guru e di Vip, e in assoluta orizzontalità critica. Ma con un’aggiunta: è ora di piantarla con questa febbre autoassolutoria nutrita dall’industria della denuncia per nutrire le sue Star e che paralizza noi. Lo sappiamo già alla nausea cosa non va, basta. E’ ora di farsi carico, e prima di tutto:

- farsi carico dei propri talenti, non importo se molti o pochi, con pari dignità rispetto a chiunque altro;
- farsi carico delle proprie responsabilità, senza scaricare le colpe solo sui potenti;
- e poi accettare ciascuno di noi di pagare ogni prezzo lungo la strada per un mondo migliore;
- e infine creare consenso fra la gente sui valori comuni e su quei prezzi da pagare;
- divenire in altre parole cittadini adulti che, senza guru e senza vip, sappiano partecipare in orizzontale.

Grazie per avermi letto.
Paolo Barnard

sabato 9 maggio 2009

Barnard e Travaglio

Un'altra questione che è giusto non ignorare:




Barnard e la Gabanelli



Se avete un pò di tempo eccovi una questione da non ignorare:

Censura ‘legale’
Paolo Barnard – 11 febbraio 2008

Cari amici e amiche impegnati a dare una pennellata di decenza al nostro Paese, eccovi una forma di censura nell'informazione di cui non si parla mai. E' la peggiore, poiché non proviene frontalmente dal Sistema, ma prende il giornalista alle spalle. Il risultato è che, avvolti dal silenzio e privi dell'appoggio dell'indignazione pubblica, non ci si può difendere. Questa censura sta di fatto paralizzando l'opera di denuncia dei misfatti sia italiani che internazionali da parte di tanti giornalisti 'fuori dal coro'.
Si tratta, in sintesi, dell'abbandono in cui i nostri editori spesso ci gettano al primo insorgere di contenziosi legali derivanti delle nostre inchieste 'scomode'. Come funziona e quanto sia pericoloso questo fenomeno per la libertà d'informazione ve lo illustro citando il mio caso.
Si tratta di un fenomeno dalle ampie e gravissime implicazioni per la società civile italiana, per cui vi prego di leggere fino in fondo il breve racconto.

Per la trasmissione Report di Milena Gabanelli, cui ho lavorato dando tutto me stesso fin dal primo minuto della sua messa in onda nel 1994, feci fra le altre un'inchiesta contro la criminosa pratica del comparaggio farmaceutico, trasmessa l'11/10/2001 ("Little Pharma & Big Pharma"). Col comparaggio (reato da art.170 leggi pubblica sicurezza) alcune case farmaceutiche tentano di corrompere i medici con regali e congressi di lusso in posti esotici per ottenere maggiori prescrizioni dei loro farmaci, e questo avviene ovviamente con gravissime ripercussioni sulla comunità (il prof. Silvio Garattini ha dichiarato: "Dal 30 al 50% di medicine prescritte non necessarie") e spesso anche sulla nostra salute (uno dei tanti esempi è il farmaco Vioxx, prescritto a man bassa e a cui sono stati attribuiti da 35 a 55.000 morti nei soli USA).

L'inchiesta fu giudicata talmente essenziale per il pubblico interesse che la RAI la replicò il 15/2/2003.
Per quella inchiesta io, la RAI e Milena Gabanelli fummo citati in giudizio il 16/11/2004(1) da un informatore farmaceutico che si ritenne danneggiato dalle rivelazioni da noi fatte.
Il lavoro era stato accuratamente visionato da uno dei più alti avvocati della RAI prima della messa in onda, il quale aveva dato il suo pieno benestare.
Ok, siamo nei guai e trascinati in tribunale. Per 10 anni Milena Gabanelli mi aveva assicurato che in questi casi io (come gli altri redattori) sarei stato difeso dalla RAI, e dunque di non preoccuparmi(2). La natura dirompente delle nostre inchieste giustificava la mia preoccupazione. Mi fidai, e per anni non mi risparmiai nei rischi.

All'atto di citazione in giudizio, la RAI e Milena Gabanelli mi abbandonano al mio destino. Non sarò affatto difeso, mi dovrò arrangiare. La Gabanelli sarà invece ampiamente difesa da uno degli studi legali più prestigiosi di Roma, lo stesso che difende la RAI in questa controversia legale.(3) Ma non solo.
La linea difensiva dell'azienda di viale Mazzini e di Milena Gabanelli sarà di chiedere ai giudici di imputare a me, e solo a me (sic), ogni eventuale misfatto, e perciò ogni eventuale risarcimento in caso di sentenza avversa.(4)
E questo per un'inchiesta di pubblico interesse da loro (RAI-Gabanelli) voluta, approvata, trasmessa e replicata.*

*( la RAI può tecnicamente fare questo in virtù di una clausola contenuta nei contratti che noi collaboratori siamo costretti a firmare per poter lavorare, la clausola cosiddetta di manleva(5), dove è sancita la sollevazione dell'editore da qualsiasi responsabilità legale che gli possa venir contestata a causa di un nostro lavoro. Noi giornalisti non abbiamo scelta, dobbiamo firmarla pena la perdita del lavoro commissionatoci, ma come ho già detto l'accordo con Milena Gabanelli era moralmente ben altro, né è moralmente giustificabile l'operato della RAI in questi casi).

Sono sconcertato. Ma come? Lavoro per RAI e Report per 10 anni, sono anima e corpo con l'impresa della Gabanelli, faccio in questo caso un'inchiesta che la RAI stessa esibisce come esemplare, e ora nel momento del bisogno mi voltano le spalle con assoluta indifferenza. E non solo: lavorano compatti contro di me.
La prospettiva di dover sostenere spese legali per anni, e se condannato di dover pagare cifre a quattro o cinque zeri in risarcimenti, mi è angosciante, poiché non sono facoltoso e rischio perdite che non mi posso permettere.

Ma al peggio non c'è limite. Il 18 ottobre 2005 ricevo una raccomandata. La apro. E' un atto di costituzione in mora della RAI contro di me. Significa che la RAI si rifarà su di me nel caso perdessimo la causa. Recita il testo: "La presente pertanto vale come formale costituzione in mora del dott. Paolo Barnard per tutto quanto la RAI s.p.a. dovesse pagare in conseguenza dell'eventuale accoglimento della domanda posta dal dott. Xxxx (colui che ci citò in giudizio, nda) nei confronti della RAI medesima".(6)
Nel leggere quella raccomandata provai un dolore denso, nell'incredulità.
Interpello Milena Gabanelli, che si dichiara estranea alla cosa. La sollecito a intervenire presso la RAI , e magari anche pubblicamente, contro questa vicenda. Dopo poche settimane e messa di fronte all'evidenza, la Gabanelli tenta di rassicurarmi dicendo che "la rivalsa che ti era stata fatta (dalla RAI contro di me, nda) è stata lasciata morire in giudizio... è una lettera extragiudiziale dovuta, ma che sarà lasciata morire nel giudizio in corso... Finirà tutto in nulla."(7)

Non sarà così, e non è così oggi: giuridicamente parlando, quell'atto di costituzione in mora è ancora valido, eccome. Non solo, Milena Gabanelli non ha mai preso posizione pubblicamente contro quell'atto, né si è mai dissociata dalla linea di difesa della RAI che è interamente contro di me, come sopra descritto, e come dimostrano gli ultimi atti del processo in corso.(8)
Non mi dilungo. All'epoca di questi fatti avevo appena lasciato Report, da allora ho lasciato anche la RAI. Non ci sarà mai più un'inchiesta da me firmata sull'emittente di Stato, e non mi fido più di alcun editore. Non mi posso permette di perdere l'unica casa che posseggo o di vedere il mio incerto reddito di freelance decimato dalle spese legali, poiché abbandonato a me stesso da coloro che si fregiavano delle mie inchieste 'coraggiose'. Questa non è una mia mancanza di coraggio, è realismo e senso di responsabilità nei confronti soprattutto dei miei cari.

Così la mia voce d'inchiesta è stata messa a tacere. E qui vengo al punto cruciale: siamo già in tanti colleghi abbandonati e zittiti in questo modo.
Ecco come funziona la vera "scomparsa dei fatti", quella che voi non conoscete, oggi diffusissima, quella dove per mettere a tacere si usano, invece degli 'editti bulgari', i tribunali in una collusione di fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi; comportamenti tecnicamente ineccepibili, ma moralmente assai meno.

Questa è censura contro la tenacia e il coraggio dei pochi giornalisti ancora disposti a dire il vero, operata da parte di chiunque venga colto nel malaffare, attuata da costoro per mezzo delle minacce legali e di fatto permessa dal comportamento degli editori.
Gli editori devono difendere i loro giornalisti che rischiano per il pubblico interesse, e devono impegnarsi a togliere le clausole di manleva dai contratti che, lo ribadisco, siamo obbligati a firmare per poter lavorare.
Infatti oggi in Italia sono gli avvocati dei gaglioffi, e gli uffici affari legali dei media, che di fatto decidono quello che voi verrete a sapere, giocando sulla giusta paura di tanti giornalisti che rischiano di rovinare le proprie famiglie se raccontano la verità.
Questo bavaglio ha e avrà sempre più un potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti italiani a mezzo stampa o tv, di molto superiore a quello di qualsiasi politico o servo del Sistema.

Posso solo chiedervi di diffondere con tutta l'energia possibile questa realtà, via mailing lists, siti, blogs, parlandone. Ma ancor più accorato è il mio appello affinché voi non la sottovalutiate.
In ultimo. E' assai probabile che verrò querelato dalla RAI e dalla signora Gabanelli per questo mio grido d'allarme, e ciò non sarà piacevole per me.
Hanno imbavagliato la mia libertà professionale, ma non imbavaglieranno mai la mia coscienza, perché quello che sto facendo in queste righe è dire la verità per il bene di tutti. Spero solo che serva.

Grazie di avermi letto.
Paolo Barnard
dpbarnard@libero.it

Note:
1) Tribunale civile di Roma, Atto di citazione, 31095, Roma 10/11/2004.
2) Fatto su cui ho più di un testimone pronto a confermarlo.
3) Nel volume "Le inchieste di Report" (Rizzoli BUR, 2006) Milena Gabanelli eroicamente afferma: "...alle nostre spalle non c'è un'azienda che ci tuteli dalle cause civili". Prendo atto che il prestigioso studio legale del Prof. Avv. Andrea Di Porto, Ordinario nell'Università di Roma La Sapienza , difende in questo dibattimento sia la RAI che Milena Gabanelli. Ma non me.
4) Tribunale Ordinario di Roma, Sezione I Civile-G.U. dott. Rizzo- R.G.N. 83757/2004, Roma 30/6/2005: "Per tutto quanto argomentato la RAi-Radiotelevisione Italiana S.p.a. e la dott.ssa Milena Gabanelli chiedono che l'Illustrissimo Tribunale adìto voglia:...porre a carico del dott. Paolo Barnard ogni conseguenza risarcitoria...".
5) Un esempio di questa clausola tratto da un mio contratto con la RAI : "Lei in qualità di avente diritto... esonera la RAI da ogni responsabilità al riguardo obbligandosi altresì a tenerci indenni da tutti gli oneri di qualsivoglia natura a noi eventualmente derivanti in ragione del presente accordo, con particolare riferimento a quelli di natura legale o giudiziaria".
6) Raccomandata AR n. 12737143222-9, atto di costituzione in mora dallo Studio Legale Di Porto per conto della RAI contro Paolo Barnard, Roma, 3/10/2005.
7) Email da Milena Gabanelli a Paolo Barnard, 15/11/2005, 09:39:18
8) Tribunale Civile di Roma, Sezione Prima, Sentenza 10784 n. 5876 Cronologico, 18/5/2007: "la parte convenuta RAI-Gabanelli insisteva anche nelle richieste di cui alle note del 30/6/2005...". (si veda nota 4)



di Milena Gabanelli - da www.forum.rai.it

Ogni azienda, giornale o tv fornisce l'assistenza legale (ovvero paga l'avvocato) ai propri dipendenti, non ai collaboratori. Quando abbiamo iniziato (1997)nessuno di noi si era posto il problema, che invece abbiamo affrontato quando sono arrivate le prime cause (2000). Si trattava di querele per diffamazione. La sottoscritta e il direttore di allora chiedemmo assistenza legale e ci fu concessa. Fatto che si verificò in tutti i successivi procedimenti penali. Le prime cause civili arrivarono nel 2004, e lì scoprimmo che invece non ci sarebbe stata copertura legale. La tutela veniva fornita a me in virtù del contratto di collaborazione con la rai, ma "a discrezione", ovvero dovevo presentare una memoria difensiva con la quale dimostravo, punto per punto, di aver agito bene.

Non avendo l'autore del servizio nessun contratto di collaborazione con la rai (pochè vende il pezzo), si assume i rischi in caso di richiesta di risarcimento danni. La realtà era questa: o prendere, o lasciare. Gli autori furono messi a conoscenza della questione e tutti decisero di continuare "l'avventura" con Report. Con tutte le angoscie del caso, ma a dominare è stata la convinzione di tutti noi che lavorando bene alla fine le cause si vincono e il soccombente dovrà pure pagare le spese. Da parte mia ho iniziato una lunga battaglia per poter avere ciò che nessuna azienda normalmente fornisce ai non dipendenti: l'assistenza di un avvocato in caso di causa civile (nel penale, come ho già detto, ci è stata fornita fin dall'inizio). Dal 2004 in poi la tendenza è stata quella di farci prevalentemente cause civili, con tutto quel che ne consegue in termini di stress, tempo che perdi, e paure che ti assalgono.

E' bene sapere che quando si va in giudizio ognuno risponde per la parte che gli compete: gli autori rispondono del loro pezzo, la sottoscritta per tutti i pezzi (in qualità di responsabile del programma), la rai in quanto network che diffonde la messa in onda. Qualora il giudice dovesse stabilire che c'è stato dolo da parte dell'autore, a pagare saranno tutti i soggetti coinvolti (la rai, la sottoscritta, l'autore). E questo vale per tutti, anche i dipendenti. La differenza è che prima di arrivare alla sentenza nessuno ti paga l'avvocato. Nel 2007 le cause arrivano ad un numero talmente elevato che passo più tempo a difendere me e i miei colleghi che non a lavorare. Ma a luglio 2007 il direttore generale Cappon chiede all'ufficio legale della rai di garantire la piena assistenza legale a tutti gli autori di Report. Questo non ci toglie le ansie (finchè non c'è una sentenza non sai di che morte muori), però almeno sai che alle tue spalle c'è un'azienda che ha riconosciuto il valore del tuo lavoro e ti paga l'avvocato. E' stato difficile ottenere questo risultato, ma c'è stato e questo è oggi quello che conta.

Certo, se su ogni puntata vieni trascinato in tribunale, alla fine può darsi che lasci la partita perchè non riesci più a reggere fisicamente. Ma questo non è colpa della rai di turno, bensì di un sistema giudiziario che permette a chiunque di fare cause pretestuose, senza che ci sia a monte un filtro (come avviene invece nelle cause penali) che valuti l'eventuale inconsistenza della causa stessa.

Paolo Barnard. E' un professionista che stimo molto, ma purtroppo l'incompatibilità ad un certo punto era diventata ingestibile, e così a fine 2003 le strade si sono separate. Per quel che riguarda la questione legale che lo coinvolge, sono convinta della bontà della sua inchiesta e penso che alla fine ci sarà una sentenza favorevole. Ci credo al punto tale da aver firmato a suo tempo un atto (che lui possiede e pure il suo avvocato) nel quale mi impegno a pagare di tasca mia anche la parte sua in caso di soccombenza. Non saprei che altro fare.

Non ho il potere di cambiare le regole di un'azienda come la Rai, credo di aver fatto tutto quello che è nelle mie modeste capacità. Il lavoro che io e gli altri colleghi di report abbiamo deciso fin qui di fare non ce lo ha imposto nessuno. E' un mestiere complesso che comporta molti rischi, anche sul piano personale. Si può decidere di correrli oppure no, dipende dalla capcità di tenuta, dal carattere e dagli obiettivi che ognuno di noi si da nella vita. Il resto sono polemiche che non portano da nessuna parte e sottragono inutilmente energie.

Un caro saluto a tutti.


Sono Paolo Barnard. Rispondo innanzi tutto agli spettatori di Report, che assieme a tanti altri italiani meritano verità, onestà, e finalmente pulizia in questo Paese. Poi anche alle righe della signora Gabanelli postate ieri alle ore 21,16.

Mi spiace che alcuni di voi si siano ritenuti soddisfatti dalle parole dell’autrice di Report, che non ha risposto a nessuno dei punti cruciali, a nessuno dei gravissimi fatti.

Milena Gabanelli scrive:
“Per quel che riguarda la questione legale che lo coinvolge, sono convinta della bontà della sua inchiesta e penso che alla fine ci sarà una sentenza favorevole. Ci credo al punto tale da aver firmato a suo tempo un atto (che lui possiede e pure il suo avvocato) nel quale mi impegno a pagare di tasca mia anche la parte sua (di Barnard, nda) in caso di soccombenza. Non saprei che altro fare.”

Quell’atto esiste solo nella fantasia della signora Gabanelli. Né io, né il mio legale Avv. Pier Luigi Costa di Bologna, ne abbiamo mai ricevuto una copia. Inoltre l’affermazione della sua esistenza da parte dell’autrice di Report è pienamente contraddetta dagli atti processuali da me resi pubblici, ove si legge: “Tribunale Ordinario di Roma, Sezione I Civile-G.U. dott. Rizzo- R.G.N. 83757/2004, Roma 30/6/2005: "Per tutto quanto argomentato la RAi-Radiotelevisione Italiana S.p.a. e la dott.ssa Milena Gabanelli chiedono che l'Illustrissimo Tribunale adìto voglia:...porre a carico del dott. Paolo Barnard ogni conseguenza risarcitoria...".
Confermato di recente da: Tribunale Civile di Roma, Sezione Prima, Sentenza 10784 n. 5876 Cronologico, 18/5/2007: "la parte convenuta RAI-Gabanelli insisteva anche nelle richieste di cui alle note del 30/6/2005...".
La generosa offerta della Gabanelli non esiste, e sarebbe comunque stata una vergogna, un tentativo di tacitare me mentre lei poteva di fronte ai suoi datori di lavoro mostrarsi pienamente in accordo con la loro sciagurata politica nei mie confronti. Che è quello che ha fatto e controfirmato in ogni atto processuale.

Milena Gabanelli scrive:
“Gli autori furono messi a conoscenza della questione e tutti decisero di continuare "l'avventura" con Report.”

Non è vero. Esistono redattori pronti a testimoniare di non aver mai sentito Milena Gabanelli pronunciare quell’avvertimento, soprattutto quando sollecitata a chiarire questioni in merito. Di sicuro non lo fece mai in mia presenza. Io non fui mai posto di fronte a una simile bivio, al contrario, mi fu sempre detto di stare tranquillo.

Milena Gabanelli scrive:
“E' bene sapere che quando si va in giudizio ognuno risponde per la parte che gli compete: gli autori rispondono del loro pezzo, la sottoscritta per tutti i pezzi (in qualità di responsabile del programma), la rai in quanto network che diffonde la messa in onda. Qualora il giudice dovesse stabilire che c'è stato dolo da parte dell'autore, a pagare saranno tutti i soggetti coinvolti (la rai, la sottoscritta, l'autore).”

Che a pagare possano eventualmente essere tutti non è in discussione, signora Gabanelli. Che lei e la RAI tentiate di mandare al macello uno solo, cioè Paolo Barnard, l’anello più debole della catena, e che vi siate lungamente accaniti in ciò come dimostrano i documenti processuali sopraccitati, e che la RAI abbia addirittura tentato di rivalersi su di me anche fuori dal processo, è ben altra cosa. Lascio ogni giudizio sulla sua condotta ai suoi spettatori. E taccio qui sul dolore personale che ho subito. Non è questo il contesto.

Milena Gabanelli scrive:
“Certo, se su ogni puntata vieni trascinato in tribunale, alla fine può darsi che lasci la partita perchè non riesci più a reggere fisicamente. Ma questo non è colpa della rai di turno, bensì di un sistema giudiziario”

No, la RAI ha responsabilità pesanti, nell’abbandono dei giornalisti collaboratori che tanto hanno fatto per i suoi palinsesti, come nel caso in oggetto. Noi ‘esterni’ siamo quelli col coraggio, quelli che lavorano dieci volte gli altri, quelli senza stipendio, quelli che non confezionano le narrative false dei TG1, TG2, TG3, che non sono pagati mensilmente per “rendere plausibile l’inimmaginabile” presso gli italiani. Noi siamo quelli usati e cestinati al primo problema. Io sono giornalista e prima di ogni altra cosa punto il dito verso il mio editore e i miei capi, e ne pagherò i prezzi. Lei Milena Gabanelli dovrebbe fare la stessa cosa e pubblicamente, per il bene del giornalismo italiano, se lei ne avesse il coraggio.

Milena Gabanelli scrive:
“Paolo Barnard. E' un professionista che stimo molto, ma purtroppo l'incompatibilità ad un certo punto era diventata ingestibile, e così a fine 2003 le strade si sono separate.”

Non è vero. La mia separazione dalla gente di Report fu a causa di una sordida storia di inumanità e di viltà che con questa mia denuncia non ha nulla a che fare. Mi addolora ancora di più che Milena Gabanelli la citi qui, del tutto fuori contesto.

Milena Gabanelli scrive:
“Il lavoro che io e gli altri colleghi di report abbiamo deciso fin qui di fare non ce lo ha imposto nessuno. E' un mestiere complesso che comporta molti rischi, anche sul piano personale. Si può decidere di correrli oppure no, dipende dalla capcità di tenuta, dal carattere e dagli obiettivi che ognuno di noi si da nella vita. Il resto sono polemiche che non portano da nessuna parte e sottragono inutilmente energie.”

Come dire ‘Se Paolo Barnard non ha i cosiddetti, cambi mestiere e non ci faccia perdere del tempo’. Non mi risulta che Bernardo Jovene, Sabrina Giannini, Stefania Rimini o altri a Report siano stati abbandonati come me, che la RAI e Milena Gabanelli si stiano accanendo in un’aula di tribunale per scaricargli colpe non loro, che la RAI li stia minacciando con ulteriori accanimenti legali, e che Milena Gabanelli sia rimasta zitta per 4 anni di fronte a una vergogna simile perpetrata nei loro confronti.
Milena Gabanelli, con le sue righe, tipicamente sguscia da una situazione indecente senza prendere una posizione morale, senza quel ‘coraggio’ che l’ha resa famosa, avallando di nuovo ciò che lei stessa e la RAI mi stanno facendo. Avallando oltre tutto il peggior precariato nel giornalismo (sic).
In questo modo prolifera la censura da me denunciata, che così tanti colleghi finiscono per subire, una censura che sottrae a voi spettatori, a voi, il diritto di sapere quello che gli avvocati da una parte o dall’altra non vogliono che voi sappiate.

Ci sono cose, signora Gabanelli, su cui si deve prendere posizione, costi quel che costi. Io lo faccio qui e ora e le dico: Lei e la RAI siete responsabili di una condotta ignobile, troppo diffusa fra gli editori di questo povero Paese. Lei più della RAI, perché lei dovrebbe essere il volto del ‘coraggio televisivo’ per definizione.

Verrò travolto dalle vostre querele, a tutela del vostro ‘buon nome’, ma ho deciso di mettermele alle spalle. Io prendo posizione di fronte a questa censura con cui lei Gabanelli è in palese collusione, e il mio coraggio è comunque una piccola cosa, perché c’è chi ha preso posizione di fronte a una camera di tortura in Cile o di fronte a un Merkava in Palestina. Il vero coraggio è loro, non mio.

Né lei né la RAI mi zittirete mai.

Paolo Barnard

mercoledì 6 maggio 2009

Pecora Nera numero 9

Ecco a voi il numero 9 di pecora nera.
Di seguito l'editoriale:


Guardare al passato per cambiare il futuro

"Senza memoria non c'è futuro": questo breve slogan riassume perfettamente l'orientamento da tenere di fronte ai due anniversari che si susseguono in questo periodo, vale a dire il 25 aprile (festa della Liberazione dal nazi-fascismo) e il 1° maggio (festa dei Lavoratori). Date che troppo spesso e sempre più rischiano di diventare specchietti per le allodole ad uso e consumo delle istituzioni dello Stato, con sfarzose celebrazioni che ricadono inevitabilmente nella routine delle medaglie d'oro al Valor Civile, dell'invocazione dell'unità nazionale, della retorica populista ed ipocrita. Una cosa invece va detta chiaramente e cioè che queste due date non sono di tutti, come vorrebbero farci credere: sono anzitutto dei lavoratori e delle masse popolari... Erano proletari e rivoluzionari quelle migliaia di partigiani che volevano sconfiggere il fascismo non per restaurare una presunta democrazia (che ha successivamente mostrato e continua a mostrare il suo vero volto di classe) ma per costruire una società diversa in cui sarebbe stato abolito lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e il primato dei profitti su tutto e su tutti. Erano proletari quegli operai che il Primo Maggio del 1886 a Chicago iniziarono uno sciopero per rivendicare le otto ore di lavoro e che per tutta risposta vennero attaccati dalla polizia (sempre pronta oggi e ieri a difendere gli interessi dei capitalisti): fu da allora che quella data venne scelta per celebrare la Giornata Internazionale dei Lavoratori. Anche quest anno, dicevamo all'inizio, saranno celebrate in Italia le date del 25 aprile e del 1° maggio. E saranno celebrate parallelamente ad una delle crisi più dure che l'economia capitalista ricordi, con migliaia di lavoratori in lotta e migliaia di disoccupati che lavoratori non lo sono più ma che promettono anch'essi battaglia, con migliaia di lavoratori precari sempre più precari e sempre meno lavoratori: è in questo sfondo sociale che si deve cercare la ragion d'essere delle due date. Tra ignobili tentativi di riscrivere la storia (equiparando le bande di Salò ai partigiani e tirando fuori dal cilindro la presunta tragedia delle foibe) e dichiarazioni di "speranza" e di augurio a quei lavoratori che hanno perso il posto (evitando come sempre di parlare delle responsabilità e dando la colpa al cieco destino) i vari capi di Stato, capi di Governo, ministri in auto blu, ecclesiastici, parlamentari all'opposizione svuotano come al solito queste ricorrenze dei reali significati e li riempiono con i loro, certamente più moderati e politically correct. Essi conducono questa operazione non per caso, bensì perché hanno paura di quei significati, hanno paura dell'enorme potenziale che si nasconde dietro alla memoria: è solo dalle lezioni del passato, infatti, che si può imparare per agire nel presente e cambiare il futuro. E' questo, essenzialmente, il compito che spetta a chi vuol far si che le cose cambino. Contro chi inventa una sua verità e contro chi trasforma 25 aprile e 1° maggio in qualcosa di inoffensivo e puramente celebrativo, rilanciare in queste due importanti giornate la lotta di classe che infiamma il pianeta è la sola ed unica via di risposta e di riscatto.


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