lunedì 21 dicembre 2009

Pecora Nera n18

Con questo numero si chiude questo lungo primo anno di Pecora Nera. Vi lasciamo con questo saluto della redazione...buona lettura!

Un anno dopo
Essì, è già passato un anno dall'uscita del primo numero di Pecora Nera. Un anno intero e 18 numeri ci hanno forgiato, hanno contribuito ad essere ciò che siamo, hanno dato la possibilità a molti di noi di mettersi alla prova, ma soprattutto ci hanno fatto divertire, arrabbiare, e confrontare...con noi stessi prima di tutto. Dopo un anno sono tante le persone che sono passate dietro questa seppur povera redazione: in tanti hanno scritto, corretto e impostato il giornale, in tanti l'hanno distribuito in lungo e in largo e speriamo che in tanti l'abbiano pure letto. Come scrissi nel primo numero il nostro impegno, anzi, il nostro tentativo è quello di fare controinformazione! Molti di voi potranno prendere in mano il nostro giornale e pensare che sia fazioso, di parte...beh, non avete torto: nessuno prenderebbe in mano il nostro giornale per avere delle notizie di prima mano, per sapere nei dettagli come è avvenuta una determinata faccenda, per quello ci sono altre fonti...noi ci limitiamo a dare un punto di vista, sempre diverso, a seconda di chi scrive, ma comune; noi possiamo presentarvi l'analisi di una legge, ma vi presenteremo prima di tutto cosa vorremmo che cambiasse in quella legge. Noi siamo tutto questo e anche qualcosa in più, e ringraziamo veramente di cuore tutti coloro che hanno "sprecato" un po' del loro tempo per leggere il nostro giornale, anche solo un articolo, vi ringraziamo e vi diciamo arrivederci al prossimo anno...quindi al prossimo mese.

"Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti” Antonio Gramsci


SCARICA PECORA NERA N18

mercoledì 16 dicembre 2009

TAGLI ALLA DIDATTICA: NON FACCIAMO FINTA DI NIENTE!


Il Ministro Gelmini ha imposto agli Atenei italiani di rivedere nuovamente la loro offerta formativa.

Questo comporterà un peggioramento o un miglioramento della situazione? Valutate voi....

In conseguenza di ciò:

● La triennale in Scienze Politiche passa da Corso di laurea con tre orientamenti ad un corso dal biennio comune e con due indirizzi di specializzazione al terzo anno (politico-internazionale e politico-sociale);

● La magistrale di Governance, che tuttora ha quattro orientamenti, diventa Corso ad indirizzo unico; viene introdotta a fianco ad essa un'altra laurea magistrale, Scienze della Politica, sempre ad indirizzo unico;

● Un Corso di Laurea come Economia e Politiche Europee, che ha ottenuto una certificazione molto importante neanche un mese fa, viene chiuso (rimane solo la sua specialistica, Scienze economiche, che è un Corso Interfacoltà con Economia);

● La triennale di Servizio Sociale e la magistrale di Programmazione dei Servizi Sociali vengono entrambi chiusi, e rischiano l'estinzione a livello nazionale, perché anche le altre Facoltà di Scienze Politiche nel resto d'Italia si stanno comportando come la nostra;

● Tutti i corsi che rimangono (come Amministrazione e Organizzazione e Scienza dell'Amministrazione) devono comunque rivedere il loro piano di studi perché i crediti che gli esami possono avere ora sono 6, 9 o 12, e noi li abbiamo di 5 e 10;



Davanti agli aut-aut del Ministro, la nostra Facoltà è stata costretta a rielaborare la propria offerta formativa in un periodo di tempo brevissimo, lavorando a ritmi frenetici, e senza la tranquillità necessaria ad affrontare una simile prova, di cui non si sentiva proprio la necessità.

L'ultimo Consiglio di Facoltà, che ha approvato questa offerta formativa, ha visto LA DOCENZA FORTEMENTE DIVISA e L'INTERA RAPPRESENTANZA STUDENTESCA CONTRARIA.



Il Ministro Gelmini insiste a dire che questi sono interventi che mirano alla razionalizzazione e all'accreditamento dei Corsi di Studio. A giudicare dagli effetti, non vi sembra che la parola TAGLI possa essere un buon sinonimo di questi provvedimenti?



E questo è solo l'inizio: il disegno di legge Gelmini giace in Parlamento in attesa di essere approvato, pendente sulle nostre teste. Se verrà approvato modificherà l'intera struttura dell'Università italiana, spalancando le porte del Consiglio di amministrazione di ogni Ateneo ad interessi privati e riducendo di fatto gli spazi democratici in esso presenti.

Alcuni dicono che è la fine dell'Università standardizzata, a noi sembra la fine dell'Università e basta... il colpo di grazia di uno stillicidio iniziato più di un decennio fa....



FACCIAMO APPELLO A TUTTI GLI STUDENTI, I RAPPRESENTANTI, I RICERCATORI, LA PRESIDE, I PROFESSORI, PERCHÉ ASSIEME SI ORGANIZZI A GENNAIO UN’ASSEMBLEA DI FACOLTÁ UNITARIA PER RENDERE PARTECIPI TUTTI I COLLEGHI DELLA SITUAZIONE.

venerdì 4 dicembre 2009

Racconti dalla Palestina...le foto!

L'assemblea sulla Palestina organizzata con la collaborazione dell'associazione amicizia Sardegna-Palestina è andata davvero bene...l'Aula Magna era strapiena e tutti sono parsi davvero interessati agli argomenti trattati...speriamo (anzi, ci crediamo proprio) di riproporre un'iniziativa simile assai presto!...nel frattempo eccovi qualche foto...

martedì 1 dicembre 2009

NON C'E' NIENTA DA INAUGURARE!



INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO
INAUGURAZIONE DI UN FALLIMENTO

Il 3 Dicembre 2009, dopo 20 anni si inaugura l’anno accademico dell’Ateneo Cagliaritano. Ma cosa c’è da inaugurare?

* Vogliamo inaugurare, per caso, il dimezzamento dei fondi per la ricerca?
* Vogliamo inaugurare, per caso, l’eliminazione di numerosi corsi di laurea?
* Vogliamo inaugurare, per caso, il continuo aumento delle tasse da un paio di anni a questa parte?
* Vogliamo inaugurare, per caso , il processo di privatizzazione dell’università?
* Vogliamo inaugurare, per caso, tutte le nuove riforme con annesso il silenzio di rettore,presidi e corpo docente?

PER NOI C’E’ DA INAUGURARE SOLO

UN NUOVO FALLIMENTO

Contestiamo tutti i partecipanti a questo evento, compresi i molti rappresentanti degli studenti che ,essendo complici di questo sistema, favoriscono i propri giochi di potere partitici o associativi.

Diamo solidarietà a tutti coloro che, seppur invitati, per manifestare il proprio dissenso non si sono presentati a questa buffonata.

Esortiamo i partecipanti, le studentesse e gli studenti a mobilitarsi per una università migliore, anziché farsi abbagliare da false vetrine mediatiche.


giovedì 3 dicembre alle 9 tutti sotto il rettorato in via università per contestare questa parata di ipocrisia!

Pecora Nera n17

Salve a tutti...innanzittutto vi ricordo l'appuntamento di domani in aula magna di scienze politiche dell'assemblea "Racconti dalla Palestina" (vi rimando a questo post)...in secondo luogo ma non per importanza vi presento il numero 17 di Pecora Nera...Al suo interno potrete trovare:

Wto: istruzione e repressione - editoriale di ampio respiro sulla situazione internazionale e nazionale
Rockwool, la verità di una "crisi" - intervista al rappresentante Rsu Gianfranco Zurru
Nuova riforma universitaria - analisi del nuovo ddl Gelmini
Stay Human! - racconto dell'incontro con Vittorio Arrigoni
Il pamphlet di Kallinikos - una magistrale analisi di classe

Tutto nasce dal silenzio
- parola d'ordine "repressione"

Non siamo una èlite
- articolo viscerale sulla situazine attuale

Sia lodato il crocifisso
- AMEN!


Buona lettura!


SCARICA QUI

lunedì 30 novembre 2009

domenica 29 novembre 2009

Le magliette del collettivo

Ecco a voi in anteprima assoluta le magliette del collettivo Entula Arrubia! Potete ordinarle mandando una mail [scienzepoliticheoccupata(chiocciolina)gmail.com] specificando la taglia e il colore. Il costo per ogni magliettina è di 10 euro. Ringraziamo anticipatamente tutti coloro che ci aiuteranno acquistando una maglietta (o magari anche 2).
Saluti rossi a tutti...eccovi le grafiche:

#001
#002

sabato 21 novembre 2009

Assemblea nazionale studenti e precari


dopo le manifestazioni in tutt'Italia del 17 novembre il 20 si è riunita a Roma l'assemblea nazionale di studenti precari dell'università.
pubblichiamo di seguito l'appello alla mobilitazione che è uscito dall'assemblea, tratto da uniriot.org:

Oggi 20 Novembre una grande assemblea di precari e di studenti, provenienti da tutta Italia, si è riunita alla Sapienza per rilanciare – a partire dalle molteplici iniziative di lotta organizzate in questi mesi nei vari atenei e scuole – un percorso ampio di mobilitazione che rimetta al centro la lotta contro il progetto di dismissione dell'università e che rivendichi un nuovo sistema di garanzie sociali all'altezza delle sfide poste dall'attuale mondo del lavoro. Ad un anno di distanza dall'esplosione dell'Onda, siamo ancora fermi nel nostro rifiuto della crisi economica: noi la crisi non la paghiamo, vogliamo fin da subito riappropriarci del nostro futuro e della ricchezza sociale che ci viene quotidianamente sottratta.


Per queste ragioni chiediamo, in primo luogo, il ritiro immediato del DDL Gelmini – presentato mediaticamente come disegno “innovativo” di riforma dell’Università – che rappresenta palesemente un progetto di riproposizione e cristallizzazione di tutti gli elementi negativi del sistema universitario, denunciati più volte dal movimento dell’Onda:


- non risolve in nessun modo il problema della precarietà né del ricambio generazionale – come propagandato dal Governo – aumentando, invece, il fossato tra tutelati e non tutelati, tra chi è dentro e chi è fuori dal sistema di garanzie sociali;


- non interviene sulla governance degli atenei per innovarla, ma per chiudere i già irrisori spazi di democrazia e partecipazione delle differenti componenti accademiche e consolidare e rafforzare il potere delle corporazioni responsabili del fallimento dell'università pubblica negli ultimi 30 anni;


- indebolisce ulteriormente il diritto allo studio, chiedendo agli studenti di indebitarsi “all'americana” attraverso lo strumento del prestito d’onore, mentre la crisi globale – che mostra il fallimento di un sistema fondato sull'indebitamento – richiederebbe una netta inversione di tendenza e di maggiori investimenti per garantire a tutti l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione superiore;


- completa il processo di de-strutturazione e riduzione dell’Università pubblica prefigurando, quindi, un'università complessivamente più piccola, che non risponde alla domanda di maggiore conoscenza e competenze che il nostro paese dovrebbe considerare centrale per le proprie politiche di sviluppo; con l'entrata dei privati negli organi di governo si regalano gli atenei ai poteri locali, senza che questi diano nessun contributo alla crescita dell'università;


- restituisce alle lobby accademiche il controllo sui concorsi, senza incidere sulle pratiche clientelari e mettendo in competizione i precari e gli attuali ricercatori; servirebbe, invece, un piano straordinario di reclutamento, con un numero consistente di concorsi che diano opportunità reali a chi garantisce il funzionamento quotidiano della didattica e della ricerca nei nostri atenei;


- nasconde il progetto di smantellamento selettivo dell'università dietro il paravento della valutazione dei meriti individuali; tuttavia, non si può far finta di non sapere che precarietà e ricattabilità rendono impossibile una valutazione trasparente delle capacità delle persone; la valorizzazione del merito non può prescindere da un serio investimento (anche e soprattutto economico) sulla qualità della didattica e della ricerca e sulla garanzia di autonomia sociale di chi studia, di chi insegna e di chi fa ricerca nelle università. In assenza di tali garanzie, nel contesto Italiano, l'insistenza da parte governativa sul merito si risolve in uno strumento di ulteriore ricatto per i precari. La retorica dell'efficienza e della meritocrazia altro non è che uno strumento per dequalificare ulteriormente il sapere, per stratificare e declassare la forza lavoro.


Specularmente, il taglio dei finanziamenti per la scuola contenuto nella legge 133 di 8 miliardi di euro e la legge 169 con la cancellazione delle compresenze e del modulo determinano un netto peggioramento della qualità della didattica e producono migliaia di licenziamenti. A questo si aggiunge il progetto di legge Aprea che, se approvato, porterebbe l'ingresso dei privati nelle scuole e sarebbe causa di una assurda gerarchizzazione della classe docente con la repressione della libertà di insegnamento e dell'autonomia dei docenti. Allo stesso modo, la volontà di aziendalizzare la scuola uccide l'emancipazione culturale degli studenti. Il protagonismo del movimento dei precari della scuola, dei genitori e degli studenti di questi ultimi mesi si salda naturalmente con la lotta che parte dalle università per costruire una grande risposta unitaria di tutto il mondo della conoscenza contro l'attacco mosso da governo.



In un contesto di forte crisi sociale e produttiva, l’investimento politico ed economico sulla Scuola, sull'Università, le Accademie, i Conservatori e sulla Ricerca come beni comuni dovrebbe essere il principale strumento per il rilancio del paese, fondato sulla qualità della vita delle persone e che sappia andare oltre i limiti del modello fallimentare imposto dall'attuale classe dirigente ed imprenditoriale. L'attacco alla Scuola e all'Università al quale stiamo assistendo è parte di un'aggressione più generale, tanto più anacronistica proprio perché cade nel pieno del fallimento delle politiche di smantellamento dello stato sociale condotte negli ultimi tre decenni.



Non è un caso se l'Onda ha fatto breccia nell'immaginario: ha saputo, infatti, esprimere i bisogni e i desideri di una nuova generazione. La generazione dell'Onda ha mostrato, nel cuore della crisi globale, che in una società della conoscenza l'accesso pubblico all'università e la qualità del sapere, sono degli elementi di nuova e piena cittadinanza. Oggi, alla luce del nuovo progetto di riforma e assunto il definitivo fallimento del modello del 3+2, pensiamo sia ancor più centrale riaprire, in tutti gli atenei, la lotta per l'accesso e per la qualità del sapere, per l'abbattimento delle forme di blocco, di selezione e di segmentazione dei percorsi formativi (numeri chiusi, test d'ingresso, percorsi d'eccellenza), per la rivendicazione di spazi di decisione sulla didattica e sulla ricerca e di autogestione dei percorsi formativi.


Scuola, Università, Accademie, Conservatori e Ricerca sono parte di un modello innovativo di welfare che sappia rispondere alle attuali forme di sfruttamento. La continuità del reddito, l'accesso alla casa e alla mobilità sono bisogni ormai imprescindibili. Solo rispondendo al problema della precarietà di chi studia e lavora nei luoghi della conoscenza con la definizione di un nuovo welfare, si oppone una risposta al governo che non sia corporativa, ma che sappia parlare all'intera società e attraversarla. Per queste ragioni riteniamo decisivo rilanciare nelle prossime settimane una campagna, in tutte le città, per rivendicare forme di erogazione, diretta ed indiretta, di reddito per gli studenti e i precari, che vada nella direzione del rifiuto delle forme di precarizzazione.



Per questo, da oggi, studenti e lavoratori precari lanciano una vera e propria campagna di mobilitazione che unifichi le lotte portare avanti nelle scuole e nelle università e che, a partire da questa Assemblea nazionale, abbia il passo abbastanza lungo da mettere in discussione il percorso di questo DDL e porre all'ordine del giorno nazionale l'elaborazione di un nuovo sistema di welfare all'altezza delle sfide della società della conoscenza.

Si propone di:



- organizzare iniziative di mobilitazione sui territori, in forme molteplici, il 2 dicembre;


- in occasione dell'11 dicembre vogliamo generalizzare lo sciopero e assediare il Ministero, a partire dalla mobilitazione già lanciata dai coordinamenti e dai precari delle scuole e dai sindacati;


- assediare il Parlamento in concomitanza con il calendario di discussione e votazione del DDL;


- organizzare una grande manifestazione nazionale a Roma a inizio marzo che, partendo dalla difesa e dal rilancio dal mondo della conoscenza, coniughi la necessità di eliminare la precarietà lavorativa ed esistenziale con il contrasto delle migliaia di licenziamenti giustificati pretestuosamente con la crisi rivendicando un nuovo sistema di welfare fondato sulla continuità di reddito per tutti, l'accesso alla mobilità alla casa e ai servizi.


Assemblea nazionale dei precari e degli studenti

domenica 15 novembre 2009

sabato 14 novembre 2009

Gaza: Restiamo Umani (intervista a Vittorio Arrigoni)

Ecco un video-intervista (diviso in 2 parti) a Vittorio Arrigoni. Restiamo Umani.

Prima parte
Seconda parte

domenica 8 novembre 2009

Assemblea d'Ateneo - NON SIAMO IN VENDITA!

Partecipate numerosi! E' fondamentale in questo momento organizzarci!

venerdì 6 novembre 2009

Due interviste a Daniele Luttazzi

Da Rainews 24:



Da lastampa.it :

Il satirico più amato e odiato d’Italia non si ferma. Nuova stagione teatrale (Va’ dove ti porta il clito), tournèe musicale per i club, palestra comica nel suo blog, blitz a RaiNews (“la giornalista è una mia amica”) e un libro per Feltrinelli (La guerra civile fredda). Daniele Luttazzi è ovunque, tranne che in tivù. E ha una certezza: “Silvio Berlusconi è finito, a marzo cade”. Ecco un’intervista senza rete, in esclusiva per questo blog.
Perché riprendere la parodia di Susanna Tamaro?
“In origine era uno spettacolo del ’96, l’autrice mi fece causa e la perse. La prima di una lunga serie. L’ho riscritto per più di metà, il tono è satirico-surreale. Il libro della Tamaro esprimeva tutti quei valori, per me decrepiti, che ne spiegavano il successo. Valori da spazzare via con la satira: si percepiva che portavano con sé qualcosa di fascistoide. Ora quei valori sono diventati un programma di governo. Un incubo esistenziale per molti. Non a caso adesso l’autrice scrive per Famiglia Cristiana”.
Lo spettacolo comincia con un’affermazione impegnativa: “Questo monologo celebra la fine del regno birbonico”.
“Con la bocciatura del Lodo Alfano, Berlusconi giustamente dovrà andare a processo. Tutto un sistema di potere che convergeva sulla sua figura si dissolverà come neve al sole. Credo verso marzo. Andremo a elezioni anticipate, governo tecnico, eccetera. Berlusconi è finito: do questa bella notizia ai lettori. Ora bisogna occuparsi di chi Berlusconi ce l’ha messo. Ovvero gli italiani. Berlusconi è l’ennesima espressione dell’eterno fascismo italico, che come un fiume carsico viene ciclicamente in superficie e provoca danni. Come diceva Petrolini quando qualcuno dal loggione lo importunava: “Io non ce l’ho con te, ce l’ho con quello accanto a te che non te butta de sotto”. Ecco: gli italiani sono quelli accanto a lui. Berlusconi è finito, il berlusconismo no”.
Se gli italiani restano malati di fascismo congenito, perché Berlusconi cadrà a marzo?
“Alcuni indicatori - settori della finanza, economia, politica, industria, Vaticano, USA- segnalano, come un aumento di radon dal sottosuolo, che Berlusconi anche per loro è superato. Da adesso fino a marzo sarà solo un problema di tempi tecnici. Berlusconi andrà a processo, verrà condannato e materialmente salterà. E’ stato già mollato. Servono altri personaggi, dicono Fini. Lo Stato, a quel livello cui noi non abbiamo accesso, non può permettere che uno come Berlusconi demolisca i fondamenti della Costituzione”.
C’entra anche l’immagine dell’Italia all’estero?
“Un po’ sì. Non è possibile che gli italiani siano diventati lo zimbello d’Europa per colpa di una persona malata, che ha problemi con le donne e con l’universo mondo. Questo però, attenzione, è solo l’epifenomeno. E’ molto più grave che Tremonti e Berlusconi, da un punto di vista economico, non abbiano fatto nulla per uscire dalla crisi economica. Assolutamente nulla, anche se il Tg1 di Minzolini non lo dice”.
Anche il Vaticano ha scaricato Berlusconi?
“Sì. La Chiesa è così: finché Berlusconi ha uno stalliere mafioso in casa, va bene. Falso in bilancio, corruzione, leggi ad personam: okay. Se però Berlusconi va a letto con una puttana, allora no, questo non si può fare. Spero che abbiano capito che non esiste una persona più profondamente anticattolica di Berlusconi. I suoi riferimenti sono altri, il suo stesso mausoleo non brilla certo per simbolismi cristiani”.
Lei non è mai stato tenero con il Pd. E’ diventato più indulgente dopo le primarie?
“No. Lo dicevo anche due anni fa, in due interviste a Repubblica e Unità. Stavano tirando la volata a Veltroni e mi chiesero cosa pensassi del Pd. Io risposi che il Pd era un’inevitabile stronzata. Tagliarono domanda e risposta. Il Pd è un progetto inconsistente e sbagliato. Anche la narrazione del Pd è inadeguata. Il Pd non sa chi rappresenta: a chi parla? Cosa dice? Non lo sa. Va sempre in televisione, ma parla a vanvera. Non ha alcuna efficacia. Sentire D’Alema che parla di “amalgama non riuscito” e vederli ancora impegnati nelle baruffe chiozzotte, non stupisce. Però, anche qua: perché un satirico due anni fa c’era arrivato e gli Scalfari no? Stanno ancora lì a fare propaganda”.
Chiederlo a lei fa un po’ ridere, ma esiste un problema di libertà d’informazione?
“Certo. All’origine di tutto c’è il conflitto di interessi berlusconiano. Inoltre, in Italia, la voce libera da appartenenze non ha accesso. Esistono clan di sinistra, clan di destra, chiesa, massonerie. Ciascuno difende interessi particolari. Io aspetto ancora che Repubblica faccia una seria inchiesta sulla Sorgenia di De Benedetti, sui progetti Sorgenia di produrre energia bruciando paglia o metano ad Aprilia e in Val D’Orcia. Oltretutto il progetto Aprilia fu autorizzato da Pierluigi Bersani, quando era ministro. E aspetto ancora che qualcuno chieda conto ai maggiori propagandisti italiani della guerra in Iraq, Giuliano Ferrara e Carlo Rossella, delle centinaia di migliaia di morti innocenti. L’ottava puntata di Decameron parlava di questo, ma mi hanno sospeso alla quinta”.
Internet è più libero?
“Su Internet ho enormi riserve. Innanzitutto è un Panopticon micidiale: i carcerati sono anche i carcerieri. Chi interviene in un blog, è osservatore e osservato. I suoi gusti sono monitorati sempre. La tua personalità viene trasferita interamente in Rete, fino al caso micidiale di Facebook. A quel punto non avrai più difese: c’è un’area del pudore che Internet violenta costantemente. Baudelaire diceva che l’artista è sempre quello che mantiene viva la sua vulnerabilità, la sua sensibilità. Quello che non viene ottuso dall’alienazione. Se non ti proteggi, ti offri alla violenza. Il web diventa uno spazio molto impudico. Inoltre il web favorisce il populismo, come dimostra il caso Grillo. Fra l’altro, la sua “democrazia dal basso” non è che marketing partitico in cui sono esperti quelli della Casaleggio Associati, la società che ne segue le mosse. Il modello è la guerrilla advertising del Bivings Group”.
Però almeno Grillo ha sciolto l’ambiguità: non più satirico, ma politico. Quello che lei gli aveva chiesto dopo il primo V Day.
“Sì e no. L’ambiguità non è stata risolta completamente. Grillo ha creato un partito. Da quel momento, ogni suo punto di vista è pregiudiziale. Fine della satira. Adesso i suoi sono comizi. A pagamento. La satira è politica, ma l’attività partitica è un’altra cosa. Al Franken, grande satirico, si è candidato coi democratici, ora è senatore, e ha subito smesso di fare spettacoli satirici. Grillo no”.
Il satirico, in tutto questo, che ruolo ha?
“Far ridere commentando i fatti. Quando funziona, i bersagli non ridono. Il satririco inquadra il problema e lo mette in prospettiva. Non dà indicazioni su come comportarsi o dire per chi votare, ma fa sì che ognuno si interroghi e cominci un percorso personale di approfondimento. L’arte fa questo: ha tempi più lunghi della politica, ma è inesorabile. Rimane. La satira ha il ruolo della poesia: apparentemente nullo. Ma bisogna credere in ciò che si fa. Poi, una volta scoperte certe cose, il pubblico potrà anche rimpiangere il Matrix di prima, perché magari aveva un buon sapore. Ma il compito del satirico resta quello: provare a svelare il Matrix”.
Molti satirici si sono avvicinati a Di Pietro. Lo stesso Travaglio, da lei “lanciato” in tivù, non lo nasconde. Luttazzi no. Perché?
“Sarebbe un atteggiamento di parte. La satira non è propaganda per questo o quel partito. Con la sua arte, il satirico ricrea un’agorà in cui suggerisce dubbi e lascia liberi di decidere. L’arte ha tempi più lunghi della politica, ma è inesorabile. La satira ha una sua nobiltà, di tipo artistico, molto più potente della semplice denuncia partitica. L’artista è il primo che deve mettersi in discussione, non deve credere di avere sempre ragione. Si tratta di rispettare il pubblico, non di plagiarlo. Io ho ricevuto una solida educazione cattolica. Agli inizi mi capitava di dire battute sulla religione che mi facevano molto ridere, anche se non le condividevo ideologicamente. Dopo vent’anni, ho scoperto che quelle mie battute avevano ragione. Devi fidarti della piccola verità che c’è in una risata. La satira ti rende terzo a te stesso”.
Tutte queste cose, lei potrebbe dirle da Santoro, ma non ci va. Non potrebbe sfruttare lo spazio come Sabina Guzzanti?
“E’ una buona obiezione, ma io conosco il potere del contesto. Ho rifiutato anche Celentano e la conduzione di Sanremo: certi contesti sono più forti di te. Basta leggere McLuhan. Se vai a Sanremo, sei Sanremo. Non sei tu”.
Michele Santoro non è Sanremo. C’è Vauro, c’è Travaglio.
“Vero, ma anche lì c’è un contesto. Santoro è in onda per ordine di un giudice. La dirigenza Rai ha detto esplicitamente che, se potesse, lo farebbe subito fuori. Io non vado in un posto che è una riserva e un altro deve garantire per me. La satira è libera. Quando accetti anche solo un controllo minimo, hai accettato un limite alle tue opinioni. La satira non può avere limiti, a parte quelli di legge”.
Tutto bello, ma così lei si preclude una fetta smisurata di pubblico.
“Non faccio satira “per andare in tv”. Ci vado se posso fare satira. La satira è come un’arte marziale. Quando porti il colpo, la forza che ci metti è l’ultimo dei problemi. Posso colpirti con molta più efficacia col minimo di potenza, se so il fatto mio. Infatti io non colpisco mai a vuoto. A differenza del Pd”.

lunedì 2 novembre 2009

Pecora Nera n 16

Ecco a voi il nuovo numero di Pecora Nera. All'interno potrete trovare:

  • Chi ha tempo non aspetti tempo - Editoriale sull'aumento delle tasse e la lotta studentesca
  • Cosa non si fa per un amico... - Salviamo il comune di Catania!
  • L'Italia delle etichette - Omofobia e discrminazioni nell'Italia odierna
  • L'Italia è Cosa Nostra - Mafia e Stato...un matrimonio che dura ancora
  • Iran e America - Anche l'Iran nel mirino degli Americani
  • La commedia dell'assurdo: il lodo Alfano - Opinione pubblica e sconfitta morale
  • Piano Cemento - Il Piano Casa in Sardegna
  • Botte piena e moglie ubriaca - Il trattato di Lisbona
  • Urgente: ha le calze turchesi! - Ennesimo scoop di pomeriggio quattro!
SCARICA QUI

venerdì 30 ottobre 2009

Università in un mondo neoliberista!

Il collettivo Entula Arrubia della Facoltà di Scienze Politiche di Cagliari ha organizzato per il giorno giovedì 5 novembre alle ore 17.00 presso l'aula magna della Facoltà di Scienze Politiche, un' assemblea dibattito che avrà come centro nodale della discussione il pamphlet di Alex Callinicos "Università in un mondo neoliberista" tradotto dalla assegnista di ricerca della nostra Facoltà Claudia Ortu. Questa assemblea ha l'intento di approfondire il tema, purtroppo molto attuale, della crisi del sistema universitario. Il testo dell'accademico inglese di orientamento marxista tratta dell'apertura delle università al mercato, della commercializzazione delle ricerche,della creazione di una università di élite.

Offriranno il loro contributo al dibattito i docenti della Facoltà di Scienze Politche Bottazzi Gianfranco, Deffenu Andrea e Esu Aide.

Ecco il volantino:

Riforma universitaria!!

Ecco a voi il testo completo del "Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio"

SCARICA QUI

domenica 25 ottobre 2009

Discorso sul debito

Thomas Sankara è l'ex-presidente del Burkina Faso, paese tra i più poveri dell'Africa ed ex-colonia francese.
In soli 4 anni di governo riuscì a risollevare il suo paese oppresso dalla fame e dalla povertà e lo fece sfruttando le esigue risorse che questo poteva offrire.
In questo video il suo famoso "discorso sul debito" in cui esprime una forte opposizione al pagamento del debito che tutt'oggi opprime la libertà e lo sviluppo dei paesi africani. Questo discorso gli costerà l'inimicizia di Francia e America che, nell Ottobre del 1987, lo fecero assassinare.
Thomas Sankara moriva all'età di soli 38 anni lasciando moglie e figli e un paese che sarebbe presto ritornato nella povertà.



mercoledì 14 ottobre 2009

NO AL RAZZISMO MANIFESTAZIONE REGIONALE SABATO 17 OTTOBRE H 10.30 PIAZZA GARIBALDI - CAGLIARI



Il 7 ottobre del 1989 centinaia di migliaia di persone scendevano in piazza a Roma per la prima grande manifestazione contro il razzismo. Il 24 agosto dello stesso anno a Villa Literno, in provincia di Caserta, era stato ucciso un rifugiato sudafricano, Jerry Essan Masslo.
A 20 anni di distanza, il razzismo non è stato sconfitto, continua a provocare vittime e viene alimentato dalle politiche del governo Berlusconi.

Il pacchetto sicurezza approvato dalla maggioranza di centro destra risponde ad un intento persecutorio, introducendo il reato di “immigrazione clandestina” e un complesso di norme che peggiorano le condizioni di vita dei migranti, ne ledono la dignità umana e i diritti fondamentali,e li lascia preda di un mercato del lavoro che li sottopone a condizione di continuo ricatto quando non di schiavitù.

Questa drammatica situazione sta pericolosamente incoraggiando e legittimando nella società la paura e la violenza nei confronti di ogni diversità.

Intanto, nel canale di Sicilia, ormai diventato un vero e proprio cimitero marino, continuano a morire centinaia di esseri umani che cercano di raggiungere le nostre coste.

La Sardegna sempre più è diventata terra di sbarchi e di detenzione ed il centro di Elmas nato come centro di detenzione e smistamento dei prigionieri e come tale utilizzato già nell'autunno del 2007, ben prima dell'apertura ufficiale (giugno2008) e a periodi malamente adattato anche a luogo di concentramento e semidetenzione dei richiedenti asilo, torna ad essere (da dicembre 2009) esclusivamente luogo di detenzione.

E’ il momento di reagire e costruire insieme una grande risposta di lotta e solidarietà per difendere i diritti di tutte e tutti rifiutando ogni forma di discriminazione e per fermare il dilagare del razzismo.
Pertanto facciamo appello a tutte le associazioni laiche e religiose, alle organizzazioni sindacali, sociali e politiche, a tutti i movimenti a ogni persona a scendere in piazza il 17 ottobre per dare vita ad una grande manifestazione popolare in grado di dare voce e visibilità ai migranti e all’Italia che non accetta il razzismo sulla base di queste parole d’ordine׃

• No al razzismo
• Regolarizzazione generalizzata per tutti
• Abrogazione del pacchetto sicurezza
• Accoglienza e diritti per tutti
• No ai respingimenti e agli accordi bilaterali che li prevedono
• Rottura netta del legame tra il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro
• Diritto di asilo per rifugiati e profughi
• Chiusura definitiva dei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE)
• No alla contrapposizione fra italiani e stranieri nell’accesso ai diritti
• Diritto al lavoro, alla salute, alla casa e all’istruzione per tutte e tutti
• Mantenimento del permesso di soggiorno per chi ha perso il lavoro
• Contro ogni forma di discriminazione nei confronti delle persone gay, lesbiche, transgender.
• A fianco di tutti i lavoratori e le lavoratrici in lotta per la difesa del posto di lavoro
chiusura cie di Elmas

APPUNTAMENTO IN PIAZZA GARIBALDI H 10.30 PER IL CORTEO

martedì 13 ottobre 2009

Unione Sarda e Mistretta


Mistretta ha concluso il suo (per fortuna) ultimo mandato e l'Unione Sarda lo ricorda con un pompino davvero degno di nota! Anche il vecchio ucello del ex-magnifico se pur incacrenito avrà sentito un certo solletichio...

Lo studente al centro dell'Università
Quando la giornalista Ilaria D'Amico inviò una troupe televisiva per svolgere un'inchiesta e cercare di capire le cause (e le possibili magagne) di una lunga permanenza in carica, il Rettore Mistretta la accolse con affabilità. Accompagnò le telecamere alla Cittadella Universitaria, ricevette gli intervistatori in Rettorato, non nascose nulla, anzi molto esibì con una certa compiaciuta e (auto)ironica civetteria.
Significative le immagini girate nella Cittadella, non solo per l'imponenza della realizzazione, ma soprattutto perché ovunque il Rettore si spostasse, accompagnato dagli intervistatori e dalle macchine da presa, era accolto da studenti e docenti che gli andavano incontro per salutarlo, con cordialità interamente corrisposta. Rientrato nel suo studio, Mistretta spiegò come era formato il corpo elettorale, docenti, studenti, personale amministrativo: gente esperta, capace di valutare il pro e il contro, di formare una decisione responsabile. "Mi eleggono", disse. Voleva far comprendere che la lunghezza del mandato si spiegava con il consenso ottenuto nel corso degli anni e riconfermato a ogni elezione. Poi guidò le telecamere in Aula Magna e mostrò una lapide che aveva fatto murare e nella quale, in lingua latina, vengono illustrati i fasti della sua gestione rettorale: una bonaria sfida agli intervistatori. Il servizio trasmesso e il successivo dibattito in studio si conclusero in modo sostanzialmente positivo per l'immagine dell'Ateneo cagliaritano e del Rettore che lo aveva governato.
Certo, si potrebbe poi obiettare che, comunque, una buona regola della democrazia è quella che prevede mandati brevi, rinnovabili una sola volta: questo per ogni carica pubblica. Ma personalmente vorrei anche sperare che tutti i rettori - e in genere tutti gli amministratori - possano portare a termine gli incarichi ricevuti avendo all'attivo nel proprio bilancio quel che a Mistretta viene riconosciuto: aver guidato l'Università in un periodo difficile, segnato da profonde trasformazioni, quando molti navigavano a vista e senza avere visioni strategiche; aver dotato l'Ateneo di strutture significative; aver sviluppato i rapporti con la società civile e posto al centro dell'attività universitaria la figura dell'utente: ovverosia lo studente.
In più aggiungerei, ribaltando l'accusa che gli è stata rivolta di gestione "amicale", ha tenuta aperta la porta a tutti, agli studenti e ai loro genitori, al personale amministrativo, ai docenti: per i problemi di ciascuno cercando una soluzione, e molte volte trovandola. Sempre con una parola sdrammatizzante e positiva; in controtendenza, rispetto al mondo concitato e violento in cui sempre più ci troviamo immersi.
Speriamo che le attuali e difficili situazioni economiche ci consentano di conservare queste qualità.

lunedì 12 ottobre 2009

venerdì 9 ottobre 2009

Barak nobel per la pace!

Ecco un interessante filmato su Obama, il neo nobel per la pace! Il filmato pur avendo un commento piuttosto discutibile e molto "americano" è molto interessante e presenta dei dati su cui c'è poco da discutere...a voi!

ecco il primo di 12 spezzoni....

mercoledì 7 ottobre 2009

Pochi...ma Buoni!


Dall'ultimo Pecora Nera:

Settembre 2009 è arrivato e gli studenti si sono affrettati per l’immatricolazione ai corsi di laurea triennale e magistrale. La scadenza per le iscrizioni era prevista per il 31 agosto, in vista dei test d’ingresso ai vari corsi ad accesso libero, test chiaramente detti come obbligatori al fine dell’immatricolazione, ma non selettivi. Il 7 settembre gli studenti laureati e laureandi alla triennale accorrono numerosi e si accingono così a compilare un test a crocette di 20 domande e suddiviso in 5 macroaree, mirato alla valutazione di requisiti e conoscenze necessarie all’ingresso al corso di laurea magistrale. Quello stesso giorno i giovani laureati scoprono che il non superamento della prova potrebbe comportare l’esclusione dell’accesso al corso di laurea prescelto. Il panico si scatena fra gli studenti che, terrorizzati dall’eventualità di dover affrontare un anno sabbatico, si chiedono per quale motivo non siano stati informati correttamente e preventivamente riguardo la selettività della prova d’ingresso. Da questo momento è iniziata la ricerca di risposte che potessero spiegare e giustificare tale inconveniente. I rappresentanti degli studenti della facoltà hanno cercato di salvaguardare i diritti degli studenti stessi, attraverso la richiesta di precisi chiarimenti da parte della preside della facoltà di Scienze Politiche e dei docenti, alcuni dei quali sono venuti a conoscenza della questione durante lo svolgimento stesso dei test selettivi. In seguiti alla pubblicazione degli esiti, per buona parte negativi, le nuove matricole si sono trovate a doversi preparare per dei test successivi che avrebbero decretato l’eventuale accesso al corso magistrale, valutando con maggiore precisione le conoscenze riguardo la macroarea non superata durante la prima prova. Analizzando poi il decreto ministeriale 270/2004 (la famosa legge Moratti) e quelli ministeriali del 2007 del ministro Mussi, Il Manifesto degli Studi di Cagliari 2009/2010 e il Regolamento interno dei Corsi di Laurea in Governance e Sistema Globale e in Scienze dell’Amministrazione previsti per lo stesso anno accademico, sono state subito riscontrate delle criticità. Per quanto il personale docente abbia insistito sull’imposizione ministeriale di test d’ingresso selettivi, in seguito allo studio dei vari documenti, è emersa una chiara imposizione in primis da parte dell’Ateneo e successivamente della facoltà stessa. L’assemblea degli studenti, seguita da vari tentavi di pacifica protesta relativamente alla poca trasparenza sulle modalità di svolgimento della verifica, non sembrano aver comportato nessun risultato positivo. Si arriverà presto al numero chiuso, ad una selezione di pochi “ma buoni”, questo è quello che si può dedurre. L’università diventerebbe così il futuro di pochi, un salto nel passato, un ritorno indietro. E’ proprio questo che si vuole per i giovani di oggi? E’ questo che si vuole per la nostra sociètà? E’ giusto togliere la possibilità di avere un’istruzione elevata alla maggior parte dei giovani italiani? A voi lettori non resta che riflettere su quello che sta accadendo così da poter rispondere a tali domande. Di fatto, la facoltà di Scienze Politiche di Cagliari ha ammesso tutti gli studenti che hanno sostenuto il test d’ingresso! Cosa realmente sia successo lo sanno solo “loro”.

La divisa non si processa...


dal sito dell'ansa:

GENOVA - L'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro, attuale direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, e l'ex capo della digos di Genova Spartaco Mortola non istigarono l'ex questore di Genova Francesco Colucci a rendere falsa testimonianza al processo per la sanguinosa irruzione della polizia nella scuola Diaz durante il G8 del 2001. Lo ha stabilito la giudice Silvia Carpanini che li ha assolti stamani, al termine del processo svolto con il rito abbreviato, per non aver commesso il fatto. La gup ha inoltre rinviato a giudizio per falsa testimonianza l'ex questore Colucci, che, a differenza di De Gennaro e Mortola, aveva scelto di essere processato con il rito ordinario. La sentenza è stata letta dopo una camera di consiglio durata solo un quarto d'ora. De Gennaro non era presente alla lettura del dispositivo mentre era in aula Spartaco Mortola.

Lo scorso luglio il pm Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini, titolari dell'inchiesta, avevano chiesto due anni di reclusione per De Gennaro e un anno e quattro mesi per Mortola. "Siamo molto soddisfatti per l'esito della sentenza ma anche per la serenità con cui si è svolto il processo", ha commentato l'avvocato Carlo Biondi, difensore insieme al prof. Franco Coppi dell'ex capo della Polizia. "E' stata riconosciuta - ha proseguito il legale - l'estraneità e l'assenza di qualunque interesse o movente per De Gennaro di fare modificare la versione dei fatti di Colucci". "Quello descritto dalla Procura - ha concluso Biondi - è un comportamento estraneo a tutta la sua carriera professionale. Siamo contenti che sia stato riconosciuto e che non c'é stato alcun condizionamento del magistrato siamo stati infatti tranquilli per la serenità del giudice".
E il pubblico ministero Enrico Zucca afferma: "Un appello per la sentenza di oggi non è per niente scontato". "Mai come in questo caso - prosegue - tutto è legato alla motivazione. Qui le premesse del giudice sembrano essere corrette. Perché dovrebbe aver accettato l'impostazione della Procura. Ci sembra che ci siano dei buoni presupposti giuridici". Commenti positivi anche da parte di molti politici. Il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano sostiene: "La sentenza che assolve il prefetto De Gennaro non è solo un atto di giustizia che rende merito al diretto interessato.

E' l'ennesima smentita del teorema del complotto, costruito da qualche pm: singoli appartenenti alle forze di polizia possono sbagliare, e se sbagliano è ovvio che paghino. Ma il sistema è sano, a cominciare dai suoi vertici. La sentenza di Genova è un'ulteriore certificazione in questa direzione". Per il presidente del gruppo PdL al Senato, Maurizio Gasparri, "l'assoluzione del prefetto De Gennaro e del dirigente della Digos di Genova dimostra che per anni è stata organizzata una immotivata campagna di denigrazione delle forze dell'ordine, che a Genova nel 2001 difesero la legalità da un'autentica sommossa che sconvolse la città. Anni ed anni di processo e di polemiche basate sul nulla. Rinnoviamo in questa occasione la solidarietà alle forze dell'ordine baluardo della democrazia in Italia". Il responsabile sicurezza del Pd Marco Minniti ha telefonato al prefetto Gianni De Gennaro per "felicitarsi ed esprimere la propria soddisfazione per l'esito della vicenda".

sabato 3 ottobre 2009

Pecora Nera n15

Salve a tutti! con un ritardo solo di pochi giorni ecco a voi il nuovo numero di Pecora Nera, finalmente tornato a pieno regime dopo la fine delle vacanze. All'interno di questo numero potrete trovare:

  • Un anno dopo - analisi della situazione scuola un anno dopo la 133
  • Ad ottobre mi aspetto un pò di fresco - lotte: lavoratori e studenti
  • Il settembre nero dei precari - analisi della situazione del precariato
  • Articolo 21 - libera informazione in libero Stato
  • Abruzzo e governo - analisi della situazione attuale dell'Abruzzo
  • Etciù! XD - influenza A/H1N1
  • Sei impavidi eroi - Afghanistan e imperialismo
  • Il lutto nel cuore - Mike sarà sempre nei nostri cuori
  • L'eolico selvaggio - parco eolico a Is Arenas
  • Pochi...ma buoni - test d'ingresso selettivi in scienze politiche
Scarica Pecora Nera N 15

venerdì 2 ottobre 2009

Trattato di Lisbona!

E' importante leggere questo appello...è importante non rimanere con le mani in mano...



lunedì 28 settembre 2009

Il trattato di Lisbona - articolo di Paolo Barnard


Il trattato di Lisbona - articolo di paolo Barnard

DI PAOLO BARNARD
paolobarnard.info

E così, mentre tutti guardano da quella parte, da quell’altra accade il nostro destino, ma non c’è nessuno a osservare. Accade per esempio il Trattato di Lisbona, il quale, come tutte le cose che ridisegnano la Storia, che decidono della nostra esistenza, che consegnano a poteri immensi immense fette del nostro futuro, non è al centro di nulla, passa nel silenzio, non trova prime pagine o clamori di alcun tipo, nel Sistema come nell’Antisistema.
Pensate: stiamo tutti per diventare cittadini di un enorme Paese che non è l’Italia, governati da gente non direttamente eletta da noi, sotto leggi pensate da misteriosi burocrati a noi sconosciuti, secondo principi sociali, politici ed economici che non abbiamo scelto, e veniamo privati nella sostanza di tutto ciò che conoscevamo come patria, parlamento, nazionalità, autodeterminazione, e molto altro ancora.E’ il Trattato di Lisbona, vi sta accadendo sotto al naso, qualcuno vi ha detto nulla?
Ribadisco: fra poco Montecitorio potrebbe essere un palazzo dove qualche centinaio di burocrati dimenticati si aggirano fingendo di contare ancora qualcosina; fra poco la Costituzione italiana potrebbe essere un poemetto che viene ricordato agli alunni delle scuole come un pezzo di una vecchia storia; fra poco una maggioranza politica che non sa neppure cosa significa la parola calzino potrebbe trovarsi a decidere come noi italiani ci curiamo, se avremo le pensioni, cosa insegneremo a scuola, come invecchieremo, o se dobbiamo entrare in guerra, e così per tutto il resto della nostra vita. Altro che Cavaliere, altro che Brunetta o Emilio Fede.
Bene, vado per gradi. Nel primo, vi fornisco un breve riassunto delle puntate precedenti; nel secondo vi spiego il Trattato di Lisbona in sintesi; nel terzo l’approfondimento per chi lo desidera.


LE PUNTATE PRECEDENTI

L’Italia è parte dell’Unione Europea (UE), che è la versione moderna di un vecchio accordo fra Stati europei iniziato nel 1957 col Trattato di Roma, il quale partorì la Comunità Economica Europea (CEE), divenuta nel 1967 la Comunità Europea (CE). Si trattava di una unione prettamente commerciale, non politica, ma presto lo divenne: nel 1979 eleggemmo infatti il primo Parlamento Europeo, e fu lì che prese piede l’idea che questa vecchia Europa poteva dopo tutto diventare qualcosa di simile agli Stati Uniti (sempre per fini soprattutto economici).
Nel 1993 nacque l’Unione Europea col Trattato di Maastricht, che sancì una serie di riforme eclatanti, fra cui dal 1 gennaio 2002 quella dell’Euro come moneta comune ai suoi membri. Nel 1957 erano sei le nazioni disposte a legarsi fra loro, oggi siamo in 27 membri nella UE, tutti Stati sovrani che sempre più agiscono secondo regole e principi comuni.
Infatti, l’Unione Europea si è dotata già da anni di una sorta di proprio governo sovranazionale (che sta sopra ai governi dei singoli Stati dell’unione), chiamato Commissione Europea e Consiglio dei Ministri, di un Parlamento come si è già detto, e di un organo giudiziario che risponde al nome di Corte di Giustizia Europea. La UE ha persino una presidenza, che viene assegnata a rotazione agli Stati membri, e che si chiama Consiglio Europeo. Quindi: questo agglomerato di nazioni che da secoli forma l’Europa, si è lentamente trasformato in una unione che ha già un suo presidente, un suo governo, un suo parlamento e un suo sistema giudiziario. Cioè, quasi uno Stato in tutta regola. Fin qui tutto fila, poiché comunque ogni singolo Paese come l’Italia o la Germania o l’Olanda ecc. ha finora mantenuto la piena sovranità, e i suoi cittadini sono rimasti italiani, tedeschi, olandesi, gente cioè del tutto propria ma che ha accettato sempre più una serie di regole comuni nel nome dell’essere europei uniti e moderni.
Ma a qualcuno non bastava. Nelle elite politiche del Vecchio Continente sobbolliva sempre quell’idea secondo cui questa Europa degli Stati sovrani poteva, anzi, doveva diventare gli Stati Uniti d’Europa, ovvero un blocco cementato di popoli sotto un’unica bandiera, leggi comuni, governo comune e soprattutto un’economia comune. Una potenza mondiale. Ma la litigiosità che ci ha sempre caratterizzato come singoli Paesi, l’individualismo nazionalista, e l’attaccamento ciascuno alle proprie regole e tradizioni, erano l’ostacolo fra gli ostacoli. Infatti l’evidenza dell’andamento dell’Unione suggeriva che pur essendoci adeguati a una ridda di leggi europee, regolamenti e sentenze, ancora ciascuna nazione era ben salda negli interessi di casa propria, e in quel modo gli Stati Uniti d’Europa erano impossibili da realizzare. Occorreva qualcosa di unificante, di potente, più potente degli Stati e dei loro capricci. Cosa? Una Costituzione europea in piena regola, con tutto il potere proprio di una Costituzione.
Ed ecco che quei signori importanti che fanno politica fra Strasburgo, Bruxelles e il Lussemburgo si riunirono nel 2001 nell’anonima cittadina belga di Laeken, e decisero: scriveremo una Costituzione per tutte le genti d’Europa. Fu fatto, sotto la supervisione dell’ex presidente francese Valéry Giscard D’Estaing e con la figura in evidenza del nostro Giuliano Amato. Ma quei burocrati in doppiopetto fecero un ‘errore’: furono aperti e democratici, cioè permisero alle genti d’Europa di conoscere i contenuti della nuova Carta. Nel 2005, mentre noi italiani attivi giustamente perdevamo il sonno per le Tv del Cavaliere, i francesi e gli olandesi bocciarono la Costituzione in due referendum, accusando i burocrati europei di aver redatto un testo scandalosamente ignorante dei temi sociali e altrettanto parziale a favore dei grandi interessi economici. In altre parole: con quella Costituzione, gli Stati Uniti d’Europa sarebbero diventati il parco giochi dei falchi miliardari e terra dolente per le persone comuni, per me e per voi e per i vostri figli.
Fu uno shock per i doppiopetti blu, e soprattutto per i loro sponsor nelle corporate rooms d’Europa. Ricacciati nelle loro Mercedes blindate a suon di voti franco-olandesi, essi decisero la momentanea ritirata, ma non la resa.
Infatti, la mattina del 13 dicembre 2007, mentre noi italiani attivi giustamente perdevamo il sonno per la scelta fra PD o Beppe Grillo, ventisette capi di governo europei si riunirono a Lisbona e decisero: ci si riprova, ma stavolta col cavolo che permetteremo ai cittadini di esprimere un parere.
Nacque così il Trattato di Lisbona, scritto in segreto, firmato in segreto, segreto nei contenuti che sono praticamente impossibili da leggere, e segretamente persino peggiore della defunta Costituzione. Nel Trattato è sancito il nostro futuro con mutamenti così sconvolgenti da lasciare a bocca spalancata. La mia e la vostra vita, quella dei vostri figli, viene destinata lungo corsie d’acciaio che se definitivamente ratificate saranno quasi impossibili da mutare. Ma quelle corsie dove portano? Al nostro interesse di persone? Al nostro benessere? Alla nostra pacifica convivenza? Ce l’hanno chiesto? Abbiamo voce in capitolo? No, nessuno ce lo ha chiesto e voi non ne sapete nulla.

IL TRATTATO DI LISBONA IN SINTESI
E’ un impianto di regole europee raccolte in un Trattato che non è così come ce lo immagineremmo (un unico testo), ma è formato da migliaia di emendamenti a centinaia di regole già in essere per un totale di 2800 pagine. E’ stato fatto in quel modo con intento truffaldino e anti democratico, come spiego fra poco.
Se ratificato da tutti gli Stati, esso diventerà di fatto una Costituzione che formerà la struttura per la nascita di un super Stato d’Europa, come gli Stati Uniti d’America, con una Presidenza, con un governo centrale, un Parlamento, un sistema giudiziario. Questo super Stato diventerà più forte e vincolante di qualsiasi odierna nazione europea.
Tutti noi europei diverremo cittadini di quello Stato e soggetti più alle sue leggi che a quelle dei Parlamenti nazionali, pur mantenendo la cittadinanza presente (italiana, tedesca ecc.). Infatti le leggi fatte da questo super Stato d’Europa saranno vincolanti sulle nostre leggi nazionali, e saranno persino più forti della nostra Costituzione. Ma al contrario degli Stati Uniti, tali leggi verranno scritte da burocrati che noi non eleggiamo (es. Commissione Europea), mentre l’attuale Parlamento Europeo, dove risiedono i nostri veri rappresentanti da noi votati, non potrà proporre le leggi, né adottarle o bocciarle da solo. Potrà solo contestarle ma con procedure talmente complesse da renderlo di fatto secondario.
Il Trattato di Lisbona infatti offrirà poteri enormi a istituzioni che nessun cittadino elegge direttamente (Consiglio Europeo che sarà la presidenza - Commissione Europea e Consiglio dei Ministri che sarà l’esecutivo - Corte di Giustizia Europea, che sarà il sistema giudiziario), le quali avranno persino la facoltà di far entrare in guerra l’Europa senza il voto dell’ONU.
I poteri di cui si parla avranno principi ispiratori pericolosamente sbilanciati a favore del business, con poca attenzione per i bisogni sociali dei cittadini. Tutto il cosiddetto Capitolo Sociale del Trattato di Lisbona (lavoro, salute, scioperi, tutele, leggi sociali, impiego…) è miserrimo, con gravi limitazioni e omissioni, mentre sono sanciti con forza i principi del Libero Mercato pro mondo degli affari.
Dovete ricordare mentre leggete queste righe, che stiamo parlando di un Trattato che potrebbe molto presto ribaltare la vostra vita come nulla da 60 anni a questa parte: nuovo Stato, nuova cittadinanza, nuove leggi, nuovi indirizzi di vita nella quotidianità anche più banale, sicuramente meno democrazia, e nessuno che ci abbia interpellati. Come sarà questa nuova esistenza? Migliore, o un salto indietro nella qualità di vita? Saremo più liberi o più schiavi degli interessi delle elite di potere? Anche nel Capitolo Giustizia il Trattato pone seri problemi. Ci sarà un organo superpotente, la Corte di Giustizia Europea, che emetterà sentenze vincolanti sui nostri diritti fondamentali e sulle leggi che ci regolano; la Corte sarà superiore in potere alla nostra Cassazione, al nostro Ministero di Giustizia, ma di nuovo sarà condotta da giudici nominati da burocrati che nessuno di noi ha scelto. Come interpreteranno i nostri diritti di uomini e di donne? Ci hanno interpellati?
Ed è qui il punto. Un Trattato col potere di ribaltare tutta la nostra vita di comunità di cittadini, viene scritto in modo da essere illeggibile ed è stato già ratificato (manca solo la firma dell’Irlanda, che terrà un referendum il 2 ottobre) dai nostri governi completamente di nascosto da noi, e volutamente di nascosto. Questo poiché una versione simile di questo Trattato (la Costituzione Europea) e con simili scopi fu bocciato da Francia e Olanda nel 2005, proprio perché scandalosamente sbilanciato a favore delle lobby di potere europee e negligente verso i cittadini. Scottati da quell’umiliante esperienza, i pochi politici europei che contano (il 90% non ne sa nulla e firma senza capirci nulla) hanno architettato una riedizione di quelle Costituzione bocciata chiamandola Trattato di Lisbona, e la stanno facendo passare in segreto dietro le nostre spalle.
Il Trattato di Lisbona contiene anche clausole di valore, che come ogni altra sua regola sarebbero vincolanti su tutti gli Stati, dunque anche su questa arretrata e cialtrona Italia, e limitatamente a ciò per noi non sarebbe un male. Tuttavia, la mole dei cambiamenti cruciali che porterebbe è tale e di tale potenza per la nostra vita di tutti i giorni e per i nostri diritti vitali, da obbligare chi vi scrive a lanciare un allarme: il Trattato di Lisbona va divulgato alle persone d’Europa e da queste giudicato con i referendum. Pena la possibilità di un futuro molto, ma molto più gramo di quello che qualsiasi Cavaliere potrà mai regalarci.

L’APPROFONDIMENTO

Cosa è.
Il Trattato di Lisbona (di seguito chiamato il Trattato) non è una Costituzione europea, ma ne mantiene esattamente tutti i poteri. Esso non è neppure un trattato in sé, visto che nella realtà si tratta di una colossale mole di modifiche apportate ai due trattati fondamentali della UE, che sono: il Trattato dell’Unione Europea (TEU) e il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU). Ad essi viene aggiunto il Trattato di Nizza del 2003. Ogni singolo articolo del Trattato, inclusi gli annessi e i protocolli, assume una forza enorme, spessissimo sovranazionale, cioè più potente di qualsiasi legge nazionale degli Stati membri della UE.

L’astuzia e l’inganno.
L’intera opera è stata architettata in modo da essere incomprensibile e letteralmente illeggibile dagli esseri umani ordinari, inclusi i nostri politici. In totale si sta parlando di 329 pagine di diversi e disconnessi emendamenti apportati a 17 concordati e che vanno inseriti nel posto giusto all’interno di 2800 pagine di leggi europee.
Questo labirinto non è accidentale. Come spiega il parlamentare europeo danese Jens-Peter Bonde “i primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato non sarebbe mai stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referendum. La loro intenzione era di farlo approvare senza sporcarsi le mani con i loro elettori”.
Il nostro Giuliano Amato ribadì il concetto appieno, in una dichiarazione rilasciata durante un discorso al Centro per la Riforma Europea a Londra il 12 luglio del 2007: “Fu deciso che il documento fosse illeggibile, poiché così non sarebbe stato costituzionale (evitando in tal modo i referendum, nda)… Fosse invece stato comprensibile, vi sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum, perché avrebbe significato che c’era qualcosa di nuovo (rispetto alla Costituzione bocciata nel 2005, nda)”. (fonte: EuObserver.com).
Il sigillo a questo tradimento dei principi democratici fu messo dallo stesso Valéry Giscard D’Estaing in una dichiarazione del 27 ottobre 2007, raccolta dalla stampa europea: “Il Trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum”. I capi di Stato erano concordi questa volta: no al parere degli elettori, no ai referendum.
In Italia, il Parlamento ha ratificato il Trattato l’8 agosto del 2008 (già la data la dice lunga), senza alcun pubblico dibattito, senza prime serate televisive, e senza che fosse letto dai parlamentari votanti. Nel resto d’Europa le cose non sono andate meglio, data la natura semi clandestina del Trattato e la specificata intenzione di nasconderlo agli elettori. Ma in Irlanda è successo qualcosa di particolare. Lo scomparso politico Raymond Crotty denunciò la procedura presso la Corte Suprema del Paese, ed ottenne modifiche tali da imporre all’odierno premier Brian Cowen un referendum popolare finale sul Trattato (uno già ci fu nel 2008), che si terrà il 2 ottobre di quest’anno. Si tenga presente che un no irlandese affonderebbe anche questa impresa.

Preciso, ma poi continuo.
Una precisazione è di dovere a questo punto. Ciò che è sotto accusa non è il processo di armonizzazione dei popoli europei, né la possibilità di fonderci in un grande Paese federale europeo alla stregua degli Stati Uniti, né il fatto di avere una Costituzione e leggi comuni in sé. Anzi, per una nazione di cittadini cialtroni e incivilizzabili come l’Italia, il ‘bastone e la carota’ dell’Unione potrebbero essere l’unica speranza di rimanere all’interno del circolo dei Paesi evoluti, e di non sprofondare del tutto nei Bantustan del mondo cui oggi apparteniamo (non per colpa di Berlusconi, ma nostra).
Ciò che invece è gravissimo, è rappresentato dal fatto che un cambiamento di portata storica come sarebbe la nascita degli Stati Uniti d’Europa e la perdita del 90% della nostra autodeterminazione come popoli singoli, sta avvenendo secondo principi politici, economici e sociali che nessuno di noi conosce, che nessuno di noi ha discusso o votato. E un’analisi attenta del Trattato ci dice che quei principi sono pericolosamente contrari ai nostri interessi di persone comuni. Ci stanno riscrivendo la vita, nientemeno, e ci potremmo svegliare fra pochi mesi in un mondo che non abbiamo scelto e che ci potrebbe costare lacrime e sangue. Senza ritorno. Altro che “regime dello psiconano”.

Il potere al super Stato, e gli Stati odierni esautorati.
Il Trattato crea le basi legali per la nascita di un grande Stato unico europeo con poteri sovranazionali a tutto campo, cioè con leggi che saranno superiori a qualsiasi legge degli Stati membri (dichiarazioni 17 & 27).
Questi poteri del nuovo super Stato d’Europa saranno estesi a 68 nuovi settori dove oggi gli Stati singoli hanno la possibilità di veto, che sarà perduta.
Il Trattato sottolinea il ruolo subordinato dei Parlamenti nazionali nella nuova Europa, dove essi dovranno fare gli interessi dell’Unione prima che i propri (Art. 8c, TEU). Nel Consiglio Europeo, che sarà la sede della presidenza del nuovo super Stato, i partecipanti di ciascuna nazione dovranno rappresentare l’Unione presso gli Stati membri, piuttosto che rappresentare gli Stati membri presso l’Unione come accade ora. Essi poi, dovranno “interpretare e applicare le loro leggi nazionali in conformità con quelle dell’Unione”. La Commissione Europea assieme al Consiglio dei Ministri sarà l’esecutivo del super Stato d’Europa. Vi sarà come oggi un Parlamento e la Corte di Giustizia Europea sarà il sistema giudiziario.
Nel capitolo immigrazione le cose staranno così: la nuova Unione avrà frontiere esterne comuni, e deciderà a maggioranza chi potrà entrare e risiedere nei nostri territori, mentre i singoli governi perderanno il potere di decidere su ciò. Di nuovo, nessuno di noi cittadini potrà influenzare i criteri di quelle politiche, che potranno essere troppo permissive oppure disumane.
Si comprende già da questi primi aspetti del Trattato in quale misura drastica i poteri che oggi appartengono ai governi e ai Parlamenti che eleggiamo saranno trasferiti al nuovo super Stato europeo. Non è eccessivo dichiarare che siamo sulla strada per rendere Montecitorio e Palazzo Madama delle marginali rappresentanze di facciata. Le uniche aree dove ancora i Paesi europei manterrebbero autonomia decisionale sono la politica estera comune e la sicurezza. L’europarlamentare danese Jens-Peter Bonde ha dichiarato: “Non ricordo un singolo esempio di legge nazionale che non potrà essere influenzato dal Trattato di Lisbona”.

Dunque, super leggi vincolanti. Ma chi le farà?
Sarebbe naturale pensare che nei nuovi Stati Uniti d’Europa, verso i quali il Trattato ci spinge, saranno i rappresentanti eletti dal popolo a fare le leggi, come ovvio. Invece no.
Il potere legislativo del nuovo super Stato, come accade già oggi nella meno vincolante UE, sarà ad esclusivo appannaggio di
1) La Commissione Europea che proporrà le leggi, ma che non è direttamente eletta da noi,
2) Il Consiglio dei Ministri che voterà le leggi, neppure esso direttamente eletto dai cittadini.
Tenete presente che il ruolo del Consiglio è quasi un proforma, poiché funge praticamente da timbro alle leggi proposte dalla Commissione, visto che solo il 15% di esse viene discusso dai Ministri, e questo non cambierà col Trattato.
Insomma, la Commissione Europea non direttamente eletta diverrà potentissima.
Tutto ciò è grave.
Il Trattato, inoltre, darà alla Commissione un elevato potere di legiferare per decreto, e le sue decisioni saranno persino vincolanti sulle Costituzioni dei Paesi membri. E così le leggi che potrebbero condizionale tutta la nostra vita futura saranno pensate da circa 3000 gruppi di lavoro della Commissione composti da oscuri burocrati che, ribadisco, nessuno ha eletto.
Inoltre, questa istituzione non avrà più un Commissario per ogni Stato membro, ma solo due terzi dei Paesi saranno rappresentati a ogni mandato, per cui potrà accadere che una legge sovranazionale e vincolante cancellerà di fatto una legge italiana senza che neppure un italiano l’abbia discussa o pensata.

E allora il Parlamento Europeo? Il Parlamento Europeo non ha e non avrà alcun potere di proporre le leggi né di adottarle o di bocciarle da solo, non potrà votare sul PIL dell’Unione né sulle tasse, e sarà escluso del tutto dal deliberare su 21 settori essenziali su un totale di 90, anche se la sua sfera di competenza è stata estesa ad un numero maggiore di aree.
Ciò che ho appena affermato sembra una contraddizione, ma non lo è.
Infatti, il Trattato da una parte taglia le gambe al Parlamento (i 21 settori da cui viene escluso), e dall’altra gli dà un contentino (ampliamento aree di competenza), che contentino è visto che nel secondo caso i parlamentari potranno solo decidere ‘assieme’ al Consiglio dei Ministri, dunque non da soli come accade in tutte le democrazie del mondo.
Oltre tutto, se anche i nostri eletti rappresentanti in Europa si impuntassero per contestare le leggi della Commissione, avrebbero una vita durissima.
Il Trattato stabilisce in quel caso che: se i parlamentari vogliono contestare una legge proposta dalla Commissione dovranno ottenere una maggioranza qualificata nel Consiglio dei Ministri (cioè il 55% degli Stati) o una maggioranza assoluta di tutti i deputati europei.
Si avrebbe così il paradosso di politici regolarmente eletti che devono sgobbare per contestare le decisioni di un ‘governo’ che nessuno ha eletto.
Già oggi la Commissione si può permettere di snobbare persino i parlamenti nazionali degli Stati membri, come dimostra il fatto che fra il settembre 2006 e il settembre 2007 questi ultimi avevano spedito a Bruxelles ben 152 bocciature di leggi proposte dalla Commissione, col risultato di essere ignorati nel 100% di casi.
Un’ultima stortura insita nell’impianto legislativo europeo si chiama Principio di Sussidiarietà. Stabilisce che nel caso di non chiarezza su chi deve fare che cosa fra l’UE e gli Stati membri, il diritto di agire ricade su chi garantisce la maggiore efficienza. Ma che significa? E chi stabilisce che cosa sia efficiente per noi persone? Ve l’hanno mai chiesto? Ce lo chiederanno?
Il quadro che emerge dal progetto del Trattato vede in primo piano il macroscopico e sproporzionato potere della Commissione Europea, che, bisogna ricordarlo ancora, nessuno di noi elegge. Pensate che occorrerà un terzo dei Parlamenti nazionali europei per, non dico bloccare le proposte della Commissione, ma per ottenere che essa le riconsideri, senza alcun obbligo di altro. Nel frattempo, i Parlamenti nazionali perderanno ben 68 poteri di veto in Europa. Una esautorazione immensa, che, a prescindere dai meriti, nessuno di noi cittadini ha votato e approvato.

Cittadini… di che?
Siamo italiani, tedeschi, olandesi o spagnoli, ma col Trattato diventeremo “in aggiunta” cittadini del super Stato d’Europa (Art. 17b.1 TEC/TFU). Attenzione qui: finora, le regole della UE stabilivano che noi eravamo cittadini europei “come corredo” alla nostra cittadinanza nazionale. Il termine “aggiunta” è usato nel Trattato per esprimere una doppia nazionalità a tutti gli effetti, con però un gigantesco ma: dovete sapere che i diritti e i doveri di questa nostra nuova nazionalità saranno superiori a quelli stabiliti dalle nostre leggi nazionali in ogni caso dove vi sia un conflitto fra di essi, e questo per la sancita superiorità delle leggi dell’Unione rispetto a quelle nazionali e persino rispetto alle nostre Costituzioni. Al di là del merito, è inquietante sapere che potremmo essere obbligati a fare cose non previste dalle nostre leggi, senza aver avuto alcuna voce in capitolo, come al solito.

In campo internazionale.
Il Trattato creerà uno Stato superiore agli Stati membri esattamente come gli Stati Uniti sono superiori ai singoli Stati americani. Esso avrà il potere di firmare accordi internazionali con altri Paesi del mondo, e questi accordi saranno vincolanti su ogni Paese membro anche se i suoi parlamentari sono contrari, e avranno precedenza sulle sue leggi. Avrà il potere di entrare in guerra come Europa e senza l’autorizzazione dell’ONU, lasciando ai singoli Stati il solo potere di “astenersi costruttivamente” (che significa poi collaborazionismo), e imporrà inoltre agli Stati membri un aumento delle spese militari. Il Presidente della nuova Unione non sarà eletto dal popolo come negli USA, ma potrà rappresentarci nei rapporti con Paesi cruciali come l’America, la Russia o la Cina, che non dialogheranno più con i nostri attuali governi su una serie di importanti affari internazionali.

I padroni del vapore.
Uno dei motivi per cui i francesi e gli olandesi bocciarono la Costituzione europea nel 2005, fu che essa magnificava i diritti del business lasciando le briciole ai diritti dei cittadini. Quella Carta fu infatti definita “socialmente frigida”.
Il Trattato di Lisbona non altera in alcun modo questo stato di cose, ed è grave.
Il problema, gridarono allora i detrattori della Costituzione, era che essa sanciva con forza il principio economico della “libera concorrenza senza distorsioni”, un principi che all’orecchio del profano può anche suonare giusto, ma che nel gergo delle stanza dei bottoni di tutto il mondo significa: privatizzazioni piratesche (ovvero svendite a poche lire ai privati) di tutto ciò che fu edificato con le nostre tasse, speculazioni selvagge nel commercio, precarizzazione galoppante del lavoro e dei diritti di chi lavora, tagli elefantiaci alle nostre tutele sociali e poi… ipocrisia sfacciata, con la notoria regola del ‘capitalismo per i poveri e socialismo per i ricchi’.
Cioè: meno salvagenti sociali alla popolazione, ma poi ampi salvataggi di Stato quando è il business a finire nei guai.
Infine, la ‘libera concorrenza senza distorsioni’ applicata al commercio europeo significa nessuna tutela di Stato nei Paesi svantaggiati ma sovvenzioni statali miliardarie per le economie opulente dei Paesi ricchi.
Quindi, la ‘libera concorrenza senza distorsioni’ sarà di nuovo sancita nero su bianco dal Trattato, nonostante fosse stata bocciata nella Costituzione.
La si trova infatti in una dichiarazione vincolante del Protocollo 6. Come dire: ciò che fu cacciato dalla porta di casa, rientra dalla finestra. Ma c’è molto altro.

Il Trattato, per esempio, dà priorità all’aumento della produzione agricola europea che già oggi è sovvenzionata dall’Unione a suon di 1 miliardo di euro al giorno, ma non spende una parola sulle condizioni di lavoro dei braccianti né sull’impatto ambientale dell’espansione di quel settore, che è fra i più inquinanti del mondo (idrocarburi, pesticidi, consumo acqua…).
Ancor più grave è il capitolo del Trattato sul diritto di sciopero, dove si prevede un assoluto divieto se esso ostacola “il libero movimento dei servizi”, una clausola che sarà aperta a interpretazioni selvagge; scioperare sarà altrettanto vietato quando colpirà un’azienda straniera che paga salari da miseria in Paesi europei dove il salario medio per lo stesso lavoro è del doppio; si immagini a quali sfruttamenti si andrebbe incontro, col corredo di gravi instabilità e tensioni sociali.
Infine, diventa illegale pretendere nei pubblici appalti il rispetto di alcune contrattazioni salariali già acquisite, altra voragine.
In tema di salute, il Trattato ha in serbo un pericolo non minore: il capitolo sui diritti del paziente è inserito fra le regole del Mercato Interno, e non in quelle dedicate alla sanità. Innanzi tutto questo significa che per decidere sui diritti di noi ammalati (perché lo saremo tutti nella vita) sarà necessaria solo la maggioranza qualificata dei voti e non l’unanimità, ma soprattutto spaventa trovarsi da ammalati nell’ambito del Mercato, che con la salute non ha proprio nulla a che vedere, come già sappiamo drammaticamente dalla nostra vita quotidiana.
Verremo privati anche del diritto di favorire certi settori della nostra economia anche se chiaramente svantaggiati.
Se uno Stato membro deciderà di offrire un trattamento di favore ai propri cittadini in certi aspetti del vivere comune, potrà essere sanzionato.
Se deciderà di aumentare l’occupazione pubblica a spese dello Stato per superare una crisi occupazionale (alla New Deal di Roosevelt) sarà sanzionato.
La Banca Centrale Europea (BCE) ha il potere di imporre a tutti la stabilità dei prezzi a scapito della piena occupazione.
E la BCE sarà arbitro assoluto e incontrastabile delle politiche monetarie, che non di rado significano per noi cittadini indebitati lacrime e sangue (mutui, tassi ecc.). Il Trattato non prevede alcun meccanismo per ridistribuire la ricchezza fra i cittadini ricchi e quelli in difficoltà all’interno dell’Unione; non prevede una politica comune in tema fiscale, salariale e sociale.
Non prevede infatti alcun metodo per finanziare il già misero Capitolo Sociale del nuovo super Stato europeo, poiché fra le migliaia di articoli pensati con oculatezza, guarda caso manca proprio quello che armonizzi le politiche fiscali/monetarie/economiche con quelle sociali. Guarda caso.
Scorrendo queste righe, risulta chiarissimo il perché i bravi francesi e olandesi hanno bocciato queste stesse regole quando furono presentate nella Costituzione europea. Qui di sociale c’è poco più del nome. E il sociale è la rete di sicurezza nella mia e nella tua vita di tutti i giorni.

La Giustizia. I Diritti.
In questo settore, il Trattato adotta appieno la Carta dei Diritti Fondamentali, che diventa vincolante per tutti i cittadini del nuovo super Stato d’Europa (Art.6 TEU). Chi deciderà interpretando di volta in volta questi diritti con potere unico sarà la Corte di Giustizia Europea con sede nel Lussemburgo. Infatti, secondo le regole già spiegate in precedenza, anche qui le decisioni della Corte avranno potere sovranazionale e dunque saranno più forti di qualsiasi legge degli Stati membri. Esse poi avranno potere di condizionare ogni singola legge esistente nella UE.
Ma chi impedirà alla Corte di interpretare un diritto odierno di un singolo Stato membro in senso più restrittivo?
Vi do un esempio: in Svezia, una legge permette ai burocrati di Stato di fare ‘soffiate’ ai giornalisti, per cui il governo non può pretendere che il reporter sveli poi le fonti di uno scandalo pubblicato.
Se la Corte decidesse che ciò è illegale, addio avanzatissima legge svedese. E vi ricordo che quando il collega tedesco Hans-Martin Tillack fu arrestato per aver denunciato lo scandalo Eurostat (fondi neri dell’agenzia di statistica della UE), la Corte di Giustizia Europea approvò l’arresto.
Ma chi nomina quei giudici? Nessuno dei cittadini europei, è la risposta.
Li eleggono i governi, e questo li rende di fatto a loro soggetti. In altre parole, le sentenze sui nostri diritti fondamentali e sulle leggi che ci governano saranno nelle mani di magistrati del tutto fuori dal nostro controllo e secondo leggi, non lo si dimentichi, fatte da burocrati non eletti.
Questo prevede il Trattato di Lisbona, all’apice di almeno duemila anni di giurisprudenza ‘moderna’. Inoltre, ciò che viene deliberato in seno alla Corte di Giustizia Europea avrà precedenza su quanto deliberato dalle nostre Corti Supreme, Cassazione, e da altre Alte Corti europee. Essa ha il potere persino di influenzare la tassazione indiretta (IVA, catasto, bolli ecc.).
Tutto questo è improprio, irrispettoso del diritto dei cittadini di decidere del proprio vivere, visto che siamo e ancora rimaniamo in teoria gli arbitri finali delle democrazie. Qui siamo completamente messi da parte, ingannati e manipolati, con rischi futuri colossali a dir poco. Ma il realismo di cittadino italiano mi impone di aggiungere un altro distinguo. In un Paese come il nostro dove la nostra inciviltà ha portato in Parlamento dei bifolchi subculturati e violenti come i seguaci di Bossi e altri, il fatto che in futuro gli articoli della Carta dei Diritti Fondamentali e del Trattato di Nizza (diritti di prima, seconda, terza e quarta generazione; dignità umana; minoranze; diritti umani; no pena di morte; diritti processuali ecc.) saranno vincolanti in Italia potrebbe essere la salvezza, nonostante i pericoli che ho delineato.
E queste considerazioni mi portano a dire che la critica al Trattato di Lisbona fatta dalla prospettiva italiana è un affare ambiguo, poiché se è vero che quel Trattato potrà da una parte travolgere in negativo le nostre vite e drammaticamente il futuro dei nostri figli, è anche vero che certa barbarie e mediocrità a tutto campo degli italiani rendono impossibile capire dove sia la padella e dove la brace, ovvero se ci farà più male entrare nell’Europa di Lisbona o rimanere l’Italia sovrana di oggi. La risposta sarebbe né l’una né l’altra, certo, ma il rischio per noi italiani di combattere e vincere la battaglia contro l’inganno del Trattato, è poi di ritrovarci qui a soffocare nella melma italica senza neppure l’Europa a mitigarla. Questo va detto per onestà.

Conclusione.
Se ripercorrete i capitoli principali che vi ho esposto, non potrete non rendervi conto che come sempre i grandi giochi che regoleranno ogni futuro atto della vostra vita di cittadini si decidono altrove e in segreto, mentre nessuno nell’Italia che protesta contro il secondario berlusconismo vi aiuta a capire cosa e chi veramente aggredisce la democrazia, e chi veramente tira le fila della vostra esistenza.
E’ scandaloso che si sia pensato agli Stati Uniti d’Europa come a un colosso di potere in mano a oscuri burocrati non eletti e massicciamente sbilanciati verso il business, con le briciole lasciate a quel fastidioso ‘intralcio’ che si chiama popolo. E il tutto di nascosto.
Questa macchina va fermata e la parola va restituita a noi, i cittadini, attraverso i referendum, come accade in Irlanda. Il Trattato di Lisbona pone 500 milioni di esseri umani in bilico fra due possibilità: un dubbio progresso, o la probabile caduta in un abisso di dominio degli interessi di pochi privilegiati su un oceano di cittadini con sempre meno diritti essenziali. Sto parlando di te, di me, di noi persone.
Ma noi italiani attivi siamo giustamente impegnati a discutere di Tarantini, di Papi, di “farabutti” e di 'psiconani'. Giustamente.

Paolo Barnard
Fonte:
www.paolobarnard.info