lunedì 30 novembre 2009

domenica 29 novembre 2009

Le magliette del collettivo

Ecco a voi in anteprima assoluta le magliette del collettivo Entula Arrubia! Potete ordinarle mandando una mail [scienzepoliticheoccupata(chiocciolina)gmail.com] specificando la taglia e il colore. Il costo per ogni magliettina è di 10 euro. Ringraziamo anticipatamente tutti coloro che ci aiuteranno acquistando una maglietta (o magari anche 2).
Saluti rossi a tutti...eccovi le grafiche:

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sabato 21 novembre 2009

Assemblea nazionale studenti e precari


dopo le manifestazioni in tutt'Italia del 17 novembre il 20 si è riunita a Roma l'assemblea nazionale di studenti precari dell'università.
pubblichiamo di seguito l'appello alla mobilitazione che è uscito dall'assemblea, tratto da uniriot.org:

Oggi 20 Novembre una grande assemblea di precari e di studenti, provenienti da tutta Italia, si è riunita alla Sapienza per rilanciare – a partire dalle molteplici iniziative di lotta organizzate in questi mesi nei vari atenei e scuole – un percorso ampio di mobilitazione che rimetta al centro la lotta contro il progetto di dismissione dell'università e che rivendichi un nuovo sistema di garanzie sociali all'altezza delle sfide poste dall'attuale mondo del lavoro. Ad un anno di distanza dall'esplosione dell'Onda, siamo ancora fermi nel nostro rifiuto della crisi economica: noi la crisi non la paghiamo, vogliamo fin da subito riappropriarci del nostro futuro e della ricchezza sociale che ci viene quotidianamente sottratta.


Per queste ragioni chiediamo, in primo luogo, il ritiro immediato del DDL Gelmini – presentato mediaticamente come disegno “innovativo” di riforma dell’Università – che rappresenta palesemente un progetto di riproposizione e cristallizzazione di tutti gli elementi negativi del sistema universitario, denunciati più volte dal movimento dell’Onda:


- non risolve in nessun modo il problema della precarietà né del ricambio generazionale – come propagandato dal Governo – aumentando, invece, il fossato tra tutelati e non tutelati, tra chi è dentro e chi è fuori dal sistema di garanzie sociali;


- non interviene sulla governance degli atenei per innovarla, ma per chiudere i già irrisori spazi di democrazia e partecipazione delle differenti componenti accademiche e consolidare e rafforzare il potere delle corporazioni responsabili del fallimento dell'università pubblica negli ultimi 30 anni;


- indebolisce ulteriormente il diritto allo studio, chiedendo agli studenti di indebitarsi “all'americana” attraverso lo strumento del prestito d’onore, mentre la crisi globale – che mostra il fallimento di un sistema fondato sull'indebitamento – richiederebbe una netta inversione di tendenza e di maggiori investimenti per garantire a tutti l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione superiore;


- completa il processo di de-strutturazione e riduzione dell’Università pubblica prefigurando, quindi, un'università complessivamente più piccola, che non risponde alla domanda di maggiore conoscenza e competenze che il nostro paese dovrebbe considerare centrale per le proprie politiche di sviluppo; con l'entrata dei privati negli organi di governo si regalano gli atenei ai poteri locali, senza che questi diano nessun contributo alla crescita dell'università;


- restituisce alle lobby accademiche il controllo sui concorsi, senza incidere sulle pratiche clientelari e mettendo in competizione i precari e gli attuali ricercatori; servirebbe, invece, un piano straordinario di reclutamento, con un numero consistente di concorsi che diano opportunità reali a chi garantisce il funzionamento quotidiano della didattica e della ricerca nei nostri atenei;


- nasconde il progetto di smantellamento selettivo dell'università dietro il paravento della valutazione dei meriti individuali; tuttavia, non si può far finta di non sapere che precarietà e ricattabilità rendono impossibile una valutazione trasparente delle capacità delle persone; la valorizzazione del merito non può prescindere da un serio investimento (anche e soprattutto economico) sulla qualità della didattica e della ricerca e sulla garanzia di autonomia sociale di chi studia, di chi insegna e di chi fa ricerca nelle università. In assenza di tali garanzie, nel contesto Italiano, l'insistenza da parte governativa sul merito si risolve in uno strumento di ulteriore ricatto per i precari. La retorica dell'efficienza e della meritocrazia altro non è che uno strumento per dequalificare ulteriormente il sapere, per stratificare e declassare la forza lavoro.


Specularmente, il taglio dei finanziamenti per la scuola contenuto nella legge 133 di 8 miliardi di euro e la legge 169 con la cancellazione delle compresenze e del modulo determinano un netto peggioramento della qualità della didattica e producono migliaia di licenziamenti. A questo si aggiunge il progetto di legge Aprea che, se approvato, porterebbe l'ingresso dei privati nelle scuole e sarebbe causa di una assurda gerarchizzazione della classe docente con la repressione della libertà di insegnamento e dell'autonomia dei docenti. Allo stesso modo, la volontà di aziendalizzare la scuola uccide l'emancipazione culturale degli studenti. Il protagonismo del movimento dei precari della scuola, dei genitori e degli studenti di questi ultimi mesi si salda naturalmente con la lotta che parte dalle università per costruire una grande risposta unitaria di tutto il mondo della conoscenza contro l'attacco mosso da governo.



In un contesto di forte crisi sociale e produttiva, l’investimento politico ed economico sulla Scuola, sull'Università, le Accademie, i Conservatori e sulla Ricerca come beni comuni dovrebbe essere il principale strumento per il rilancio del paese, fondato sulla qualità della vita delle persone e che sappia andare oltre i limiti del modello fallimentare imposto dall'attuale classe dirigente ed imprenditoriale. L'attacco alla Scuola e all'Università al quale stiamo assistendo è parte di un'aggressione più generale, tanto più anacronistica proprio perché cade nel pieno del fallimento delle politiche di smantellamento dello stato sociale condotte negli ultimi tre decenni.



Non è un caso se l'Onda ha fatto breccia nell'immaginario: ha saputo, infatti, esprimere i bisogni e i desideri di una nuova generazione. La generazione dell'Onda ha mostrato, nel cuore della crisi globale, che in una società della conoscenza l'accesso pubblico all'università e la qualità del sapere, sono degli elementi di nuova e piena cittadinanza. Oggi, alla luce del nuovo progetto di riforma e assunto il definitivo fallimento del modello del 3+2, pensiamo sia ancor più centrale riaprire, in tutti gli atenei, la lotta per l'accesso e per la qualità del sapere, per l'abbattimento delle forme di blocco, di selezione e di segmentazione dei percorsi formativi (numeri chiusi, test d'ingresso, percorsi d'eccellenza), per la rivendicazione di spazi di decisione sulla didattica e sulla ricerca e di autogestione dei percorsi formativi.


Scuola, Università, Accademie, Conservatori e Ricerca sono parte di un modello innovativo di welfare che sappia rispondere alle attuali forme di sfruttamento. La continuità del reddito, l'accesso alla casa e alla mobilità sono bisogni ormai imprescindibili. Solo rispondendo al problema della precarietà di chi studia e lavora nei luoghi della conoscenza con la definizione di un nuovo welfare, si oppone una risposta al governo che non sia corporativa, ma che sappia parlare all'intera società e attraversarla. Per queste ragioni riteniamo decisivo rilanciare nelle prossime settimane una campagna, in tutte le città, per rivendicare forme di erogazione, diretta ed indiretta, di reddito per gli studenti e i precari, che vada nella direzione del rifiuto delle forme di precarizzazione.



Per questo, da oggi, studenti e lavoratori precari lanciano una vera e propria campagna di mobilitazione che unifichi le lotte portare avanti nelle scuole e nelle università e che, a partire da questa Assemblea nazionale, abbia il passo abbastanza lungo da mettere in discussione il percorso di questo DDL e porre all'ordine del giorno nazionale l'elaborazione di un nuovo sistema di welfare all'altezza delle sfide della società della conoscenza.

Si propone di:



- organizzare iniziative di mobilitazione sui territori, in forme molteplici, il 2 dicembre;


- in occasione dell'11 dicembre vogliamo generalizzare lo sciopero e assediare il Ministero, a partire dalla mobilitazione già lanciata dai coordinamenti e dai precari delle scuole e dai sindacati;


- assediare il Parlamento in concomitanza con il calendario di discussione e votazione del DDL;


- organizzare una grande manifestazione nazionale a Roma a inizio marzo che, partendo dalla difesa e dal rilancio dal mondo della conoscenza, coniughi la necessità di eliminare la precarietà lavorativa ed esistenziale con il contrasto delle migliaia di licenziamenti giustificati pretestuosamente con la crisi rivendicando un nuovo sistema di welfare fondato sulla continuità di reddito per tutti, l'accesso alla mobilità alla casa e ai servizi.


Assemblea nazionale dei precari e degli studenti

domenica 15 novembre 2009

sabato 14 novembre 2009

Gaza: Restiamo Umani (intervista a Vittorio Arrigoni)

Ecco un video-intervista (diviso in 2 parti) a Vittorio Arrigoni. Restiamo Umani.

Prima parte
Seconda parte

domenica 8 novembre 2009

Assemblea d'Ateneo - NON SIAMO IN VENDITA!

Partecipate numerosi! E' fondamentale in questo momento organizzarci!

venerdì 6 novembre 2009

Due interviste a Daniele Luttazzi

Da Rainews 24:



Da lastampa.it :

Il satirico più amato e odiato d’Italia non si ferma. Nuova stagione teatrale (Va’ dove ti porta il clito), tournèe musicale per i club, palestra comica nel suo blog, blitz a RaiNews (“la giornalista è una mia amica”) e un libro per Feltrinelli (La guerra civile fredda). Daniele Luttazzi è ovunque, tranne che in tivù. E ha una certezza: “Silvio Berlusconi è finito, a marzo cade”. Ecco un’intervista senza rete, in esclusiva per questo blog.
Perché riprendere la parodia di Susanna Tamaro?
“In origine era uno spettacolo del ’96, l’autrice mi fece causa e la perse. La prima di una lunga serie. L’ho riscritto per più di metà, il tono è satirico-surreale. Il libro della Tamaro esprimeva tutti quei valori, per me decrepiti, che ne spiegavano il successo. Valori da spazzare via con la satira: si percepiva che portavano con sé qualcosa di fascistoide. Ora quei valori sono diventati un programma di governo. Un incubo esistenziale per molti. Non a caso adesso l’autrice scrive per Famiglia Cristiana”.
Lo spettacolo comincia con un’affermazione impegnativa: “Questo monologo celebra la fine del regno birbonico”.
“Con la bocciatura del Lodo Alfano, Berlusconi giustamente dovrà andare a processo. Tutto un sistema di potere che convergeva sulla sua figura si dissolverà come neve al sole. Credo verso marzo. Andremo a elezioni anticipate, governo tecnico, eccetera. Berlusconi è finito: do questa bella notizia ai lettori. Ora bisogna occuparsi di chi Berlusconi ce l’ha messo. Ovvero gli italiani. Berlusconi è l’ennesima espressione dell’eterno fascismo italico, che come un fiume carsico viene ciclicamente in superficie e provoca danni. Come diceva Petrolini quando qualcuno dal loggione lo importunava: “Io non ce l’ho con te, ce l’ho con quello accanto a te che non te butta de sotto”. Ecco: gli italiani sono quelli accanto a lui. Berlusconi è finito, il berlusconismo no”.
Se gli italiani restano malati di fascismo congenito, perché Berlusconi cadrà a marzo?
“Alcuni indicatori - settori della finanza, economia, politica, industria, Vaticano, USA- segnalano, come un aumento di radon dal sottosuolo, che Berlusconi anche per loro è superato. Da adesso fino a marzo sarà solo un problema di tempi tecnici. Berlusconi andrà a processo, verrà condannato e materialmente salterà. E’ stato già mollato. Servono altri personaggi, dicono Fini. Lo Stato, a quel livello cui noi non abbiamo accesso, non può permettere che uno come Berlusconi demolisca i fondamenti della Costituzione”.
C’entra anche l’immagine dell’Italia all’estero?
“Un po’ sì. Non è possibile che gli italiani siano diventati lo zimbello d’Europa per colpa di una persona malata, che ha problemi con le donne e con l’universo mondo. Questo però, attenzione, è solo l’epifenomeno. E’ molto più grave che Tremonti e Berlusconi, da un punto di vista economico, non abbiano fatto nulla per uscire dalla crisi economica. Assolutamente nulla, anche se il Tg1 di Minzolini non lo dice”.
Anche il Vaticano ha scaricato Berlusconi?
“Sì. La Chiesa è così: finché Berlusconi ha uno stalliere mafioso in casa, va bene. Falso in bilancio, corruzione, leggi ad personam: okay. Se però Berlusconi va a letto con una puttana, allora no, questo non si può fare. Spero che abbiano capito che non esiste una persona più profondamente anticattolica di Berlusconi. I suoi riferimenti sono altri, il suo stesso mausoleo non brilla certo per simbolismi cristiani”.
Lei non è mai stato tenero con il Pd. E’ diventato più indulgente dopo le primarie?
“No. Lo dicevo anche due anni fa, in due interviste a Repubblica e Unità. Stavano tirando la volata a Veltroni e mi chiesero cosa pensassi del Pd. Io risposi che il Pd era un’inevitabile stronzata. Tagliarono domanda e risposta. Il Pd è un progetto inconsistente e sbagliato. Anche la narrazione del Pd è inadeguata. Il Pd non sa chi rappresenta: a chi parla? Cosa dice? Non lo sa. Va sempre in televisione, ma parla a vanvera. Non ha alcuna efficacia. Sentire D’Alema che parla di “amalgama non riuscito” e vederli ancora impegnati nelle baruffe chiozzotte, non stupisce. Però, anche qua: perché un satirico due anni fa c’era arrivato e gli Scalfari no? Stanno ancora lì a fare propaganda”.
Chiederlo a lei fa un po’ ridere, ma esiste un problema di libertà d’informazione?
“Certo. All’origine di tutto c’è il conflitto di interessi berlusconiano. Inoltre, in Italia, la voce libera da appartenenze non ha accesso. Esistono clan di sinistra, clan di destra, chiesa, massonerie. Ciascuno difende interessi particolari. Io aspetto ancora che Repubblica faccia una seria inchiesta sulla Sorgenia di De Benedetti, sui progetti Sorgenia di produrre energia bruciando paglia o metano ad Aprilia e in Val D’Orcia. Oltretutto il progetto Aprilia fu autorizzato da Pierluigi Bersani, quando era ministro. E aspetto ancora che qualcuno chieda conto ai maggiori propagandisti italiani della guerra in Iraq, Giuliano Ferrara e Carlo Rossella, delle centinaia di migliaia di morti innocenti. L’ottava puntata di Decameron parlava di questo, ma mi hanno sospeso alla quinta”.
Internet è più libero?
“Su Internet ho enormi riserve. Innanzitutto è un Panopticon micidiale: i carcerati sono anche i carcerieri. Chi interviene in un blog, è osservatore e osservato. I suoi gusti sono monitorati sempre. La tua personalità viene trasferita interamente in Rete, fino al caso micidiale di Facebook. A quel punto non avrai più difese: c’è un’area del pudore che Internet violenta costantemente. Baudelaire diceva che l’artista è sempre quello che mantiene viva la sua vulnerabilità, la sua sensibilità. Quello che non viene ottuso dall’alienazione. Se non ti proteggi, ti offri alla violenza. Il web diventa uno spazio molto impudico. Inoltre il web favorisce il populismo, come dimostra il caso Grillo. Fra l’altro, la sua “democrazia dal basso” non è che marketing partitico in cui sono esperti quelli della Casaleggio Associati, la società che ne segue le mosse. Il modello è la guerrilla advertising del Bivings Group”.
Però almeno Grillo ha sciolto l’ambiguità: non più satirico, ma politico. Quello che lei gli aveva chiesto dopo il primo V Day.
“Sì e no. L’ambiguità non è stata risolta completamente. Grillo ha creato un partito. Da quel momento, ogni suo punto di vista è pregiudiziale. Fine della satira. Adesso i suoi sono comizi. A pagamento. La satira è politica, ma l’attività partitica è un’altra cosa. Al Franken, grande satirico, si è candidato coi democratici, ora è senatore, e ha subito smesso di fare spettacoli satirici. Grillo no”.
Il satirico, in tutto questo, che ruolo ha?
“Far ridere commentando i fatti. Quando funziona, i bersagli non ridono. Il satririco inquadra il problema e lo mette in prospettiva. Non dà indicazioni su come comportarsi o dire per chi votare, ma fa sì che ognuno si interroghi e cominci un percorso personale di approfondimento. L’arte fa questo: ha tempi più lunghi della politica, ma è inesorabile. Rimane. La satira ha il ruolo della poesia: apparentemente nullo. Ma bisogna credere in ciò che si fa. Poi, una volta scoperte certe cose, il pubblico potrà anche rimpiangere il Matrix di prima, perché magari aveva un buon sapore. Ma il compito del satirico resta quello: provare a svelare il Matrix”.
Molti satirici si sono avvicinati a Di Pietro. Lo stesso Travaglio, da lei “lanciato” in tivù, non lo nasconde. Luttazzi no. Perché?
“Sarebbe un atteggiamento di parte. La satira non è propaganda per questo o quel partito. Con la sua arte, il satirico ricrea un’agorà in cui suggerisce dubbi e lascia liberi di decidere. L’arte ha tempi più lunghi della politica, ma è inesorabile. La satira ha una sua nobiltà, di tipo artistico, molto più potente della semplice denuncia partitica. L’artista è il primo che deve mettersi in discussione, non deve credere di avere sempre ragione. Si tratta di rispettare il pubblico, non di plagiarlo. Io ho ricevuto una solida educazione cattolica. Agli inizi mi capitava di dire battute sulla religione che mi facevano molto ridere, anche se non le condividevo ideologicamente. Dopo vent’anni, ho scoperto che quelle mie battute avevano ragione. Devi fidarti della piccola verità che c’è in una risata. La satira ti rende terzo a te stesso”.
Tutte queste cose, lei potrebbe dirle da Santoro, ma non ci va. Non potrebbe sfruttare lo spazio come Sabina Guzzanti?
“E’ una buona obiezione, ma io conosco il potere del contesto. Ho rifiutato anche Celentano e la conduzione di Sanremo: certi contesti sono più forti di te. Basta leggere McLuhan. Se vai a Sanremo, sei Sanremo. Non sei tu”.
Michele Santoro non è Sanremo. C’è Vauro, c’è Travaglio.
“Vero, ma anche lì c’è un contesto. Santoro è in onda per ordine di un giudice. La dirigenza Rai ha detto esplicitamente che, se potesse, lo farebbe subito fuori. Io non vado in un posto che è una riserva e un altro deve garantire per me. La satira è libera. Quando accetti anche solo un controllo minimo, hai accettato un limite alle tue opinioni. La satira non può avere limiti, a parte quelli di legge”.
Tutto bello, ma così lei si preclude una fetta smisurata di pubblico.
“Non faccio satira “per andare in tv”. Ci vado se posso fare satira. La satira è come un’arte marziale. Quando porti il colpo, la forza che ci metti è l’ultimo dei problemi. Posso colpirti con molta più efficacia col minimo di potenza, se so il fatto mio. Infatti io non colpisco mai a vuoto. A differenza del Pd”.

lunedì 2 novembre 2009

Pecora Nera n 16

Ecco a voi il nuovo numero di Pecora Nera. All'interno potrete trovare:

  • Chi ha tempo non aspetti tempo - Editoriale sull'aumento delle tasse e la lotta studentesca
  • Cosa non si fa per un amico... - Salviamo il comune di Catania!
  • L'Italia delle etichette - Omofobia e discrminazioni nell'Italia odierna
  • L'Italia è Cosa Nostra - Mafia e Stato...un matrimonio che dura ancora
  • Iran e America - Anche l'Iran nel mirino degli Americani
  • La commedia dell'assurdo: il lodo Alfano - Opinione pubblica e sconfitta morale
  • Piano Cemento - Il Piano Casa in Sardegna
  • Botte piena e moglie ubriaca - Il trattato di Lisbona
  • Urgente: ha le calze turchesi! - Ennesimo scoop di pomeriggio quattro!
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